Le fatture che inchiodano Matteo Messina Denaro e il suo cassiere
Inchiodati da una fattura come Al Capone. Il boss latitante Matteo Messina Denaro, e il suo presunto cassiere, l’imprenditore Giuseppe Grigoli di Castelvetrano, inciampano in una nota di credito da 297mila euro. Il documento è stato trovato setacciando la contabilità di un’impresa legata ad un affiliato a Cosa nostra di Agrigento dai funzionari della Dia, su input della Dda di Palermo. Ed è, per l’accusa, un formidabile riscontro ai “pizzini” spediti dalla latitanza da Matteo Messina Denaro a Bernardo Provenzano, allora forse già nascosto nel covo di Montagna dei Cavalli a Corleone: la cifra è la stessa. Sarebbe la prova del legame di fatto tra Messina Denaro (uno dei nuovi capi di Cosa nostra siciliana, condannato all’ergastolo per le stragi di Roma, Firenze e Milano del 1993 e per il fallito attentato al giornalista tv Maurizio Costanzo), e l’imprenditore Grigoli, suo compaesano.
Nei “pizzini” – sequestrati a Provenzano dopo la sua cattura – il boss castelvetranese chiedeva al “capo dei capi” di risolvere una grana legata ad un credito vantato da Grigoli, il “re dei supermercati” Despar della Sicilia occidentale, titolare di un patrimonio immobiliare di 55 milioni di euro. Un affiliato al clan di Ribera, Giuseppe Capizzi (nei “pizzini” è indicato con la sigla CPZ) ha gestito nel 2001 un punto vendita della Despar e ottenuto da Grigoli merce per 297mila euro. Ma al momento di pagare, secondo la ricostruzione di Messina Denaro, “l’agrigentino” fa orecchie da mercante. Pretendendo anche che Grigoli paghi il “pizzo” per gli altri 7 punti vendita Despar aperti nella zona di sua competenza mafiosa. Un atteggiamento che provoca l’ira di Messina Denaro; ecco cosa scrive a Provenzano in un biglietto, a tratti sgrammaticato, datato 1/10/2003: “Io da parte mia non accetto alcuna richiesta da subalterni presunti tali come il sig. Capizzi…La prego di far sapere agli amici di AG che se questo discorso del pizzo è vero lo voglio detto-tramite lei-dal mio pari di AG e solo con il mio pari possiamo aprire un dialogo”.
Messina Denaro fa anche presente a Provenzano che oltre ai 297mila euro, Capizzi ha chiesto un miliardo di lire a titolo di “pizzo”, la “messa a posto” che avrebbe consentito a Grigoli di lavorare con l’assicurazione fornita da Cosa nostra. Alla lettera di Messina Denaro dell’1/10/03 risponde, inviando un “pizzino” a Provenzano, il rappresentante provinciale di Agrigento, Giuseppe Falsone. Il quale attacca Messina Denaro colpevole di aver dato “credito al detto di un impresario (Grigoli, ndr), a discapito di uno di famiglia (Capizzi, ndr)”.
La replica di Messina Denaro arriva a Provenzano con un “pizzino” dell’1/2/2004. Dopo i ringraziamenti allo “zio Binnu” che “si sta interessando a questo mio problema personale che ho al momento in zona di AG.”, il latitante trapanese premette di voler “chiarire con la verità tutto questo discorso e chiuderlo tutti di comune accordo”. Poi passa nel dettaglio della contabilità: “Ora passo a dirle il debito effettivo e reale che il Capizzi ha con il mio paesano (Grigoli, ndr); io l’altra volta le avevo detto che il debito era circa un miliardo di lire, ora l’amico di AG dice a lei che questo debito è fantasioso. Dunque le cifre che io le dirò sono precise alla lira e ne rispondo di persona perché ci tengo a quello che dico e poi lei mi conosce bene e sa che non sono uomo che tiene al denaro, io sto parlando con la verità, non svenderei mai la mia persona per il vile denaro. Dopo avere letto le parole dell’amico di AG mi sono documentato di persona ed i conti risultano essere questi: E 297mila euro ( circa seicento milioni delle vecchie lire) di fatture non pagate, cioè è merce che il Capizzi si è presa dal mio paesano e che non ha mai pagato, tutto ciò è dimostrabile perché ci sono fatture non pagate.
Poi ci sono questi E 75.000 (circa 150 milioni delle vecchie lire) di liquido che il mio paesano ha dato per AG, credo che questi 75 mila euro siano quelli che lei ha chiamato furfè (forfait, ndr), questi essendo liquidi non sono dimostrabili ma non credo che qualcuno negherà di avere avuto questi soldi dal mio paesano. Questo è tutta l’entità del debito del Capizzi ha verso il mio paesano ed in effetti l’amico di AG ha detto giusto che non arrivava al miliardo credo che per sommi capi il tutto dovrebbe ammontare a circa 750 milioni delle vecchie lire. La prego di cuore di fare in modo che il Capizzi ci restituisca questi soldi. Ah, i 75 mila euro di liquido il mio paesano li ha consegnati al Capizzi per AG ecco perché li metto pure nel suo conto”.
Tra i libri contabili della società che consentiva a Capizzi di gestire il punto vendita di Ribera, e siamo a pochi giorni fa, la Direzione Investigativa Antimafia trova fatture emesse dalla “Gruppo 6 G.D.O. srl” di Grigoli. La prima è di 13mila euro; la seconda di 284 mila euro circa. Mano alla calcolatrice, per il pool della Dda di Palermo (i sostituti Roberto Piscitello, Costantino De Robbio, Michele Prestipino e Marzia Sabella) il conto è presto fatto: sono 297mila euro. Gli stessi indicati da Matteo Messina Denaro nei “pizzini” trovati a Provenzano.
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