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Reggio, un pm quinta colonna dei Condello. Cronistoria della lunga guerra tra le ‘ndrine

Di Alessio Magro il . Calabria, Dai territori

Che in provincia di Reggio Calabria si prefigurasse una guerra di ‘ndrangheta, quanto meno una guerra fredda, lo si sa almeno dalla fine del 2003.  I primi equilibri scardinati sono quelli del capoluogo, quindi scocca l’ora della Locride e in questi giorni il terremoto si registra nella Piana, con una spaccatura tra i Piromalli e i Molè  (‘ndrine legate da parentele, un dato che inficia il luogo comune della solidità familistica della ‘ndrangheta). Una guerra che si combatte anche in procura: alla talpa (si pensa a un magistrato) e al corvo, si aggiunge la iena, un magistrato che avrebbe intrattenuto un filo diretto via-foglietti con il capo dei capi Pasquale Condello.

Il nuovo corso. L’agguato al boss Mario Audino di San Giovannello (quartiere di Reggio Calabria), fedelissimo dei De Stefano, ha reso palese la ridefinizione degli equilibri mafiosi sanciti al termine della seconda guerra di ‘ndrangheta, nel ’91. Da un lato i quasi perdenti destefaniani (con alleati forti i Tegano, i Libri, Audino) e i vincenti condelliani (con i Serraino e gli Imerti, gli Araniti, Fontana-Saraceno, Logiudice e Rosmini).  Equilibri che nel 2003 cadono: la famigerata famiglia De Stefano – storicamente legata alla destra estrema, protagonista insieme ai Piromalli della svolta massonica e della nascita della Santa – si spacca in due, da un lato i figli del “Garibaldi” Paolo De Stefano (ucciso nell’85) e dall’altro il cugino avvocato Giorgio De Stefano, abile tessitore di alleanze. Audino muore per la fedeltà ai De Stefano storici, mentre i Tegano e i Logiudice dialogano con il nuovo corso, avvicinandosi al gruppo del Supremo, Pasquale Condello.

Locride nel caos. L’effetto domino dei nuovi assetti reggini si è avvertito ben presto anche nella Locride. Tutto è precipitato con l’arresto di un grande vecchio, Giuseppe “U Tiradrittu” Morabito, latitante storico, sorpreso nelle montagne a ridosso del capoluogo. Era armato. Per gli inquirenti è un segnale importante: non si sentiva più sicuro nella Locride. Altro sistema di equilibri che va in pezzi. Poco tempo dopo un fatto eclatante: il tentato omicidio dell’allora assessore regionale Saverio Zavettieri (Nuovo Psi). Prologo dell’omicidio di Francesco Fortugno, avvenuto il 16 ottobre del 2005, nel seggio locrese delle primarie per la nomina del candidato del centrosinistra alle politiche. Un omicidio che arriva dopo un intenso movimento tra i notabili politici dello Ionio reggino (Pietro Fuda e Domenico Crea, lo stesso che sarà poi arrestato per lo scandalo sanità e coinvolto nelle indagini sull’assassinio del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, transitati dal centrodestra alla Margherita).

Condello nella rete. La recrudescenza della faida di San Luca e la strage di Duisburg sono storia recente. A complicare il quadro, l’arresto della primula rossa della ‘ndrangheta. Condello, il Supremo, viene catturato a Reggio in un appartamento nel rione Pellaro lo scorso febbraio. Un arresto che dà una spallata ai fragili equilibri di ‘ndrangheta. A fare terra bruciata attorno al capobastone due pentiti importanti (altro luogo comune che cade): i luogotenenti Peppe Lombardo e Paolo Iannò. Il Supremo, il mandante del primo omicidio eccellente (ennesimo luogo comune sul basso profilo della ‘ndrangheta), quello del presidente delle Fs Vico Ligato, assassinato nell’89.

Effetto domino. Non è immediato il collegamento tra il terremoto reggino e la violenza mafiosa nel resto della Calabria. Fatto sta che la regione è nel caos. Nel Lametino, è caduto da poche ore un ex consigliere comunale (Psi), Gino Benincasa, ucciso a colpi di kalashnikov. Un uomo legato ai Torcasio, segnalato nella relazioni di scioglimento del comune per mafia nel ’92 e nel 2003. In quest’ultimo caso, il fratello Mario, coinvolto in inchieste antimafia, sedeva nel consiglio lametino nelle fila del Nuovo Psi.

Cosenza Brucia. Un segnale inquietate arriva anche da San Donato di Ninea, in provincia di Cosenza. Il parco bus (trenta mezzi) del gruppo La Valle è andato in fiamme, provocando danni per sette milioni di euro. Secondo gli inquirenti, si tratta di un attentato legato al racket delle estorsioni.

La faida di Papanice. Nel Crotonese, impazza la faida, ma lo Stato si fa sentire con decine di arresti, perquisizioni, sequestri e operazioni di bonifica, con la scoperta di bunker per armi e latitanti. Da un lato i Russelli e dall’altro i Megna, del cartello dei Grande Aracri. Una faida sanguinaria: ad essere colpita anche una bambina di appena cinque anni.

La iena. Lo zoo della procura reggina si arricchisce: dopo la talpa e il corvo entra in scena la iena, il magistrato traditore quinta colonna dei Condello nel palazzo di giustizia. Nel covo di Condello è stato trovato un biglietto indirizzato a un giudice reggino. Un messaggio – che allude a un rapporto epistolare esistente tra i due – con il quale il Supremo lamenterebbe accordi non rispettati, ponendo sul piatto della bilancia gli affari sporchi del pm.

Il cerchio si stringe. Intanto, la talpa avrebbe già un volto: i carabinieri sono in possesso di alcune intercettazioni, nelle quali emergono altre due figure, frequentatori abituali della procura.

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