Giovanni Impastato ai giovani trapanesi: “recuperate la capacità di indignarvi”
“Sono rinato dopo la morte di Peppino”. Così Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato vittima di un omicidio politico-mafioso a Cinisi il 9 maggio 1978, apre il suo intervento a Trapani, in occasione della presentazione della “Manifestazione nazionale contro la mafia e il potere corrotto” organizzata dalla famiglia Impastato, Casa Memoria “Peppino Impastato”, Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” e Ass. Radio Aut Onlus. Il pastore della Chiesa Valdese, Alessandro Esposito, nel suo preambolo all’incontro parla di una Chiesa Valdese che a Trapani vuol dare un chiaro segnale di volontà di denuncia “di quei soprusi quotidiani che il silenzio autorizza ed incoraggia” anche ospitando iniziative “tese a denunciare la logica di prepotenza, di clientelismo, di connivenza con zone sempre più ampie della classe politica e delle amministrazioni locali. In un contesto ove i silenzi troppo spesso soffocano la legalità”.
Accolto dal presidio trapanese di Libera e dalle parole di Margherita Asta, Giovanni Impastato ha donato ai partecipanti dell’incontro una lezione di vita vissuta sulla propria pelle. “Se lo si vuole, si può rompere con la cultura mafiosa. – racconta Giovanni – anche se ci si è dentro. La mia famiglia ne è un esempio. Dopo qualche giorno l’omicidio di Peppino, io e mia madre abbiamo fatto un esposto alla Procura della Repubblica di Palermo indicando nomi e cognomi dei mandanti. Quello fu il primo atto di rottura da Cosa nostra”. Una verità cercata attraverso la Giustizia e arrivata solo dopo un quarto di secolo e continui tentativi di depistaggi e insabbiamenti da parte di apparati deviati dello Stato e ricorda – ancora Giovanni – “sono ancora tutti vivi coloro i quali hanno tentato di insabbiare le indagini ed hanno fatto paradossalmente una splendida carriera”.
La rinascita dopo la morte di Peppino, Giovanni, l’ha vissuta aprendo gli occhi. Se prima c’era Peppino a “sbatterlo al muro” per scuotergli la coscienza, ora c’è l’indignazione e l’emozione. “E’ assurdo – continua Giovanni Impastato – che non ci s’indigni più anzi si entri nel meccanismo perverso della rassegnazione. Sono seriamente preoccupato di ciò. Da molto tempo si abusa della parola legalità, ma legalità non è il rispetto delle leggi. Io preferisco parlare di legalità democratica”. L’intervento di Giovanni parte dalla storia del fratello militante di Democrazia proletaria e animatore di Radio Aut ma attraversa quella di Domenico Signorino, Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, tutti servitori dello Stato che hanno cercato di far luce su questo omicidio; tutti uccisi dalla mafia. “La mafia non è un problema che attiene solo alla sfera delle repressione e dell’ordine pubblico è un problema culturale. Questa cultura mafiosa è radicata in tutti noi e per sconfiggerla dobbiamo fare leva su di essa e combatterla, anche contro di noi”.
Giovanni invita inoltre alla disobbedienza alle leggi ingiuste: “abbiamo vissuto in Paese in cui la legalità non c’è stata, tanto che la forza delle mafie sta nel potere istituzionalizzato, nella cultura mafiosa, e nelle collusioni”. L’antimafia di Peppino è nata all’età di 15 anni, dopo la morte dello zio Cesare Manzella (boss di Cinisi) fatto saltare in aria con un autobomba nella prima guerra di mafia. Giovanni ricorda: Peppino disse <questa è la mafia? Se questa è la mafia allora io la combatterò per il resto della mia vita!
Nell’ affermazione di una società responsabile e l’eliminazione della mafia gioca un ruolo centrale l’esistenza di una corretta informazione. In Sicilia sono stati uccisi 8 giornalisti ma oggi, a distanza di anni, conosciamo i volti di chi aveva ed ha in mano, l’informazione nell’Isola e nonostante ci siano giornalisti che si spingono oltre le notizie, la gente non s’indigna. Alla luce di questo dato rimane fermo nel tempo, l’intuizione di Peppino: informare con ironia. Peppino fu ucciso anche per aver sbeffeggiato, ridicolizzato dunque ridimensionato, agli occhi di tutto il paese i boss locali. Senza consenso la mafia non esiste. La manifestazione del 9 maggio prossimo vuole essere un incontro reale con la speranza del cambiamento, come quella di Peppino di 30 anni fa. Bisogna insegnare alla gente a guardare un bel paesaggio, prima che esso scompaia.
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