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Studenti americani alla scoperta della Sicilia che sfida la mafia

Di Giuseppe Crapisi il . Dai territori, Sicilia

Gli studenti della Seracuse University di Firenze in Sicilia, per tre giorni alla scoperta di una Sicilia, luogo di bellezze architettonico-paesaggistiche ma anche patria delle prime cooperative nate dalla confisca e dalla gestione dei beni confiscati alla mafia. Ben 43 giovani studenti  americani di Architettura e di Scienze Politiche, accompagnati dai professori Alick McLean e Natalia Piombino, hanno visitato le splendide località di Erice e Segesta. Sabato infine hanno fatto la loro esperienza sui terreni confiscati alla mafia insieme ai ragazzi della Cooperativa “Lavoro e non solo” , aiutando i soci della cooperativa nell’attività di legatura delle viti a San Cipirello dove a breve aprirà un agriturismo gestito dalla cooperativa.

Come ha detto la direttrice dell’ Università americana Barbara Deimling: “Per i nostri studenti è importante questa esperienza perché non vedono solo le bellezze dell’ Italia ma le sfide e loro sono molto colpiti da ciò”. I ragazzi scendono in Sicilia 3-4 volte l’ anno in quanto nel loro piano di studi sono compresi  dei corsi sulla mafia o sulla storia dell’ Italia. Dopo aver trascorso la mattinata nei campi che un tempo erano dei mafiosi i ragazzi sono andati a Portella delle Ginestre, luogo simbolo di ciò che la mafia è. Li si è svolto  l’incontro con chi 61 anni fa fu testimone di quella strage, che possiamo anche considerare per certi versi la prima strage post-fascista dello Stato Italiano.

Francesco Petrotta della Camera del Lavoro di Piana ha raccontato ai ragazzi americani, seduti sulle pietre proprio in quel luogo dove morirono 11 contadini e 27 feriti furono feriti, la storia del movimento contadino, l’ approvazione dei decreti Gullo che concedeva i terreni incolti e malcoltivati alle cooperative di contadini alla quale si opposero agrari, mafia e non solo. Di fronte a quest’ inerzia e a queste resistenze da parte degli agrari, delle istituzioni e della mafia che aveva in mano quelle terre attraverso l’ affitto, i contadini iniziarono a manifestare ed a occupare simbolicamente le terre.

Nel 1947, dopo i primi tre anni  in cui i contadini della Provincia avevano ricominciato a festeggiare liberamente il 1 Maggio a Portella delle Ginestre, il bandito Giuliano sparò su quella folla che stava festeggiando il giorno del lavoro: una folla fatta da contadini, donne e bambini. Ma la banda Giuliano colpevole per aver commesso la strage aveva dei mandanti che sono rimasti, come spesso accade in Italia, ignoti. Nelle elezioni regionali il blocco del popolo, cioè i partiti di sinistra, avevano vinto le elezioni e le elezioni nazionali erano vicine. Siamo all’inizio della guerra fredda e in un mondo oramai diviso in due sfere d’influenza (quella russa e quella americana) l’Italia era vicina agli alleati americani i quali difficilmente avrebbero concesso ai comunisti una vittoria alle elezioni nazionali. La Sicilia dunque fu crocevia di logiche che attraversavano la politica internazionale, interessi regionali e quelli della mafia. Mafia, agrari e servizi segreti decisero che quel movimento doveva essere fermato. Al bandito Giuliano venne ordinato dunque di sparare sui contadini quel dannato primo maggio del ’47.

I ragazzi americani hanno ascoltato attentamente  i testimoni di quella strage. Il primo è stato Serafino Petta che ha raccontato: “qui non c’era niente ed era peggio del terzo mondo, mancava tutto anche il pezzo di pane e per questo abbiamo fatto le occupazioni delle terre, perché la terra significava pane. Prima le occupazioni simboliche poi siamo andati a Palermo dal Prefetto con i muli, 2000 contadini, e abbiamo ottenuti tre feudi. Era stata una conquista ottenere quelle terre. I mezzadri a quei tempi venivano sfruttati e a volte dopo un anno di lavoro non portavano a casa nulla… Dopo la strage i contadini non si sono fermati e iniziarono le lotte per la riforma agraria e l’abbiamo ottenuta. Il 1 Maggio del 1947 era arrivato qui il corteo e aveva iniziato a parlare il segretario della Camera del Lavoro di San Giuseppe Jato, Schirò Giuseppe, e iniziarono gli spari. Sembrava una festa e poi iniziarono a cadere le persone”.

Poi un altro testimone, Giacomo Schirò,  ha ricordato la figura di Nicola Barbato medico e dirigente sindacale di Piana degli Albanesi che aveva costituito la cooperativa  quale erano state assegnate proprio quelle terre e ha raccontato loro: “voglio onorare Nicola Barbato che era un medico e se c’ era qualcuno che aveva una lira la prendeva ma se c’ erano famiglie che non ne disponeva non solo non chiedeva nulla ma dava lui la lira ricevuta per fare comprare le medicine ed è morto povero”. Infine ha parlato un altro testimone Mario Nicosia che ha voluto ringraziare i ragazzi per aver passato l’ oceano per ricordare questi morti. “Nel 1947 siamo venuti come ogni anno ed con il mio amico Giorgio Cosenza che fu colpito. Ricordo ancora quegli spari e ricordo le grida dei cavalli che sentivano il pericolo. Il 1 Maggio volevano fermarci ma non ci sono riusciti”.

Dopo queste testimonianze le parole mancano, anche agli studenti americani che lasciata Corleone visiteranno Ficuzza e poi Monreale per poi tornare a Firenze. Porteranno con loro quest’ importante esperienza di una Sicilia bella, fatta di persone che hanno dato la vita (e ancora lottano) per liberare quest’isola dal “governo delle mafie”.

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