Diossina nel latte materno, l’allarme scuote Taranto
I risultati di laboratorio non lasciano dubbi: la presenza di diossina nel latte materno è maggiore che in quello di mucca. Dopo le contaminazioni di latticini e formaggi, oltre che di piante di ulivi, rilevate nel marzo scorso, a Taranto scatta l’allarme per l’allattamento dei neonati. La quantità di diossina e policlorobifenile presente nel latte delle puerpere tarantine è superiore, in percentuale, di circa trenta volte ai limiti stabiliti dai parametri dell’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità) e a quella assunta normalmente da animali di pascolo. Tre giovani mamme tarantine che allattano al seno i neonati, abitanti in zone diverse della città e dell’hinterland, si sono sottoposte volontariamente a un prelievo del loro latte.
L’associazione «Bambini contro l’inquinamento», costituita da medici di un ospedale di Taranto, ha fatto esaminare campioni di latte presso il consorzio Inca dell’università del Salento a Lecce. I risultati di laboratorio hanno confermato quanto già verificato da studi precedenti, e cioè un’elevata percentuale di diossina e policlorobifenile. Quest’ultimo, indicato con la sigla Pcb, è un inquinante non degradabile che viene assorbito dall’apparato respiratorio delle persone sotto forma di vapori. E i cieli di Taranto sono un concentrato di fumi e vapori che fuoriescono da ciminiere industriali avvelenando l’ambiente urbano e la campagna intorno. Dinanzi a questa realtà, grigia e malsana, l’associazione «Bambini contro l’inquinamento» ha inoltrato un esposto alla magistratura per individuare possibili responsabilità di ordine penale.
Le sostanze tossiche riscontrate nel latte materno si assumono anche attraverso l’alimentazione. La diossina, composto organico che si produce per incenerimento,tende ad accumularsi soprattutto nei tessuti adiposi di origine animale e quindi nel latte e suoi derivati di bovini e ovini. Una dieta meno ricca di grassi di origine animale invece ridurrebbe la tossicità negli organismi umani. Gli effetti sulla salute, della diossina, hanno tempi lunghi prima che si manifestino. L’esplosione dell’Icmesa di Seveso in Lombardia (negli anni Settanta) ha fatto sviluppare dopo decenni malattie leucemiche e probabilmente anche mutageniche. Ma qual è il pericolo, immediato o a lungo termine, cui vanno incontro i bambini nel loro primo anno di vita che succhiano alle madri latte alla diossina? Sono gli stessi medici dell’associazione tarantina ad abbassare i tono allarmistici. I benefici nutrizionali del latte materno, alimento primario insostituibile per ogni neonato, come è ben noto, annullano anche la tossicità della diossina.
La regione comunque non minimizza la situazione di rischio per la salute e il territorio in provincia di Taranto. Ha fatto già aprire un tavolo col ministero per l’Ambiente per procedure che porteranno a migliorare le tecnologie degli impianti industriali più inquinanti affinché sia ridotto il tasso di diossina e Pcb. Almeno quattro imprese (Edison, Eni, Ilva e Cementir), che stanno stipulando un accordo di programma con la regione, intendono fissare una capacità produttiva che risulti compatibile e non dannosa con l’ambiente. L’industria, se meglio gestita, può coesistere con la città. A maggio verrà avviato il monitoraggio dell’aria e del suolo e, attraverso l’Arpa (l’agenzia per l’ambiente), si potrà ottenere un più puntuale controllo sugli alimenti con prelievi e analisi di laboratorio.
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