Mangano: se un mafioso diventa eroe
I politici parlano tanto e cercano di raccogliere voti anche negli angoli più sporchi della Sicilia. Sono pronti a tutto. A stringere accordi con la mafia, anche se pubblicamente devono scagliarsi contro Cosa nostra o le altre mafie. Insomma, a parole sono tutti bravi. Molti politici, della legalità, dell’etica e della giustizia però non vogliono saperne nulla, perché sono elementi che non portano voti. La mafia, invece, sì.
Quando Silvio Berlusconi è arrivato in Sicilia domenica 6 aprile, qualcuno gli ha suggerito che era opportuno – per una questione mediatica – che dal palco di Palermo e poi da quello di Catania, qualcosa contro la mafia era opportuno che la dicesse. Al cavaliere questa parola “mafia” non va proprio giù e da tempo non riesce a pronunciarla. Forse per questo ha pensato bene di dire che “tutti i voti al PdL saranno utilizzati contro la criminalità organizzata”, che è molto diversa da Cosa nostra. Alcune ore dopo, al termine del pranzo, interpellato dai giornalisti che si chiedevano come mai non avesse pronunciato la parola mafia, il cavaliere ha specificato: “Per quanto riguarda la Sicilia, i voti al Pdl saranno usati contro la mafia; nelle altre regioni contro ‘ndrangheta, Camorra e Sacra corona unita. Così mi sembra di essere molto chiaro”. Chiarissimo. Anche per i boss.
In Sicilia si vive di segnali, e le parole vengono pesate. E a Berlusconi in passato qualcuno glielo ha spiegato bene.
La mafia è mafia proprio perché ha contatti con i politici, altrimenti sarebbe solo “criminalità organizzata”. Ma l’uscita pubblica del cavaliere in Sicilia sembra non essere piaciuta a qualche suo amico vicino alle cosche. E così, per equilibrare le cose, Marcello Dell’Utri è corso subito ai ripari, parlando contro i collaboratori di giustizia, ricordando che il fattore della villa di Arcore di Silvio Berlusconi, il boss mafioso Vittorio Mangano, era stato “un eroe”. Il messaggio è lanciato. Si corre ai ripari e forse alla chiamate alle armi. Dell’Utri ancora una volta tende una mano a Cosa nostra. Ma i “picciotti” siciliani sembrano non essere ancora contenti dello sgarbo che è stato loro fatto il 6 aprile e per questo il cavaliere torna a parlare di Mangano, appoggiando ciò che aveva detto il suo consigliere e amico Dell’Utri.
Alla luce di tutto ciò mi chiedo se può mai essere coerente l’atteggiamento di una persona, in questo caso Berlusconi, che prima grida contro le mafie e poi sostiene e difende un capomafia, un sicario delle cosche, un trafficante di droga, un riciclatore. Si può mai sostenere un leader politico che considera eroe un mafioso, un uomo che si è macchiato le mani del sangue innocente di siciliani assassinati perché vittime di guerre fra clan, che propone per i magistrati test per la salute mentale e si scaglia contro i collaboratori di giustizia? Può mai un politico che si circonda di amici vicini a Cosa nostra, alla ‘ndrangheta, alla camorra, avere la fiducia dei cittadini? Possono le mafie, ancora oggi, dopo l’uccisione di magistrati, esponenti politici, sindacalisti, sacerdoti e giornalisti, avere la meglio sulla democrazia e sostituirsi all’insieme dei fini cui tende un governo, un partito?
Intanto il Meridione soffre e si piega alla supremazia delle mafie e dei collusi con essa. Mentre diversi politici continuano a finanziare le organizzazioni criminali con l’acquisto di cocaina per uso personale.
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