Casalesi, otto arresti a Modena
Sei fermi, effettuati ieri a Modena dal comando dei Carabinieri che ha colpito affiliati al clan casertano dei Casalesi, ma operante nel modenese. Otto in totale invece provvedimenti emessi dalla
Procura-Direzione distrettuale antimafia di Bologna in
collaborazione con quella di Napoli, a conclusione di una
inchiesta condotta con i Carabinieri di Modena.
L’accusa è di associazione a delinquere di stampo camorristico, finalizzato in particolar modo all’estorsione. I fermati sarebbero legati alla branca dei Casalesi facente capo capo al boss Raffaele Diana, 55 anni di San di Cipriano d’Aversa (Ce), attualmente latitante, già in passato riconosciuto arco di volta per l’esportazione degli interessi dei Casalesi in Emilia, dove si era trasferito, in particolar modo relativamente alle estorsione nel settore edile, attuate in prevalenza tra le province di Modena e Reggio Emilia.
All’arresto di Enzo e Armando Abatiello, Mario Diana, Nicola Natale, Luigi Noviello e Felice Pagano, i Carabinieri sono arrivati dopo un anno molto travagliato culminato nel maggio scorso nella gambizzazione, da parte dei camorristi, di Giuseppe Pagano, un imprenditore casertano residente ora in Emilia. La sua colpa? Aver avuto il coraggio di deporre in aula contro le estorsioni subite. Dopo l’arresto degli esecutori, le forze dell’ordine sono così giunti alla cattura dei mandanti che quel 7 maggio avevano attentato alla vita di un imprenditore nel suo stesso cantiere. Una pratica quella dell’estorsione ormai largamente diffusa nell’Emilia, il cui settore edilizio è da tempo stato individuato come veicolo interessante di introito economico da parte della costola dei Casalesi operante nel centro-nord. Le indagini, condotte dal pm Lucia Musti, appureranno i metodi con cui il clan tentava di “esportare modelli
camorristici in un territorio economicamente sviluppato come
quello della provincia di Modena”.
Infiltrazioni già in atto almeno parzialmente come ha recentemente sottolineato il colonnello dei Carabinieri Marco Rizzo, del comando provinciale di Modena: «Il problema esiste ed è legato alla presenza dei Casalesi che si
sono insediati a Castelfranco, Nonantola, Bomporto, Soliera, San
Prospero, Bastiglia e Mirandola». Presi di mira soprattutto gli imprenditori del settore edile, sottolinea Rizzo: «I Casalesi hanno messo in piedi un’attività criminale imprenditoriale
nel settore dell’edilizia. Impongono agli imprenditori edili la
manodopera da utilizzare, per esempio obbligandoli ad assumere persone
affiliate ai clan. Oppure impongono l’acquisto di macchinari o
materiale edile, e anche l’utilizzo di alcune ditte appaltatrici». Spesso i taglieggiati sono corregionali che vivono in Emilia, prosegue Rizzo, che risultano prede più facili rispetto agli imprenditori emiliani: «Quasi sempre gli imprenditori edili che provengono dalla Campania.
Difficilmente questi criminali minacciano i modenesi perché temono di
essere denunciati. La pressione estorsiva avviene nei confronti di
corregionali».
Denuncia che viene sollecitata dal pm Lucia Musti che oltre a rivendicare la presenza dello Stato parla di un invito per gli edili a denunciare gli abusi subiti: «Lo Stato è presente e gli imprenditori non devono sentirsi soli – chiosa il coordinatore delle indagini – ma trovare il coraggio di denunciare». Bisogna tenere alta la guardia per Carmelo Petralia, coordinatore per il Centro Italia della Dna, che osserva: «Stiamo osservando segni chiari di una esportazione in Emilia di metodi prettamente mafiosi che cercando di attecchire nel tessuto ricco, come quello edile, per poi propagarsi altrove».
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