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Buongiorno da Telejato! Il coraggio in due stanzette per difendere la libera informazione e la democrazia dalla mafia

Di Onofrio Dispenza il . Progetti e iniziative

“Papà, vatti a sedere!”. Nella stanzetta al secondo piano di questa
strada stretta e dall’antica pavimentazione, Letizia urla al padre,
Pino Maniaci. Deve correre Pino, il lungo Tg di Telejiato riprende e
lui ancora s’attarda al montaggio del servizio che è in scaletta dopo
il passaggio in studio.
La sede di Telejato è tutta qui. Si sale
una scala stretta e ripida, si supera il pianerottolo del primo piano,
si varca la porta e ci si trova in studio, la stanza di centro di
questo piccolo appartamento di paese. Un tempo,  sarà stata la stanza
del giorno, dove si mangiava, si discuteva delle cose del paese, delle
fortune e delle sfortune di chi era partito e di chi era rimasto.
Adesso, se  il tg è in corso, si deve fare silenzio, chi arriva deve
aspettare sul pianerottolo perché altrimenti  dovrebbe passare davanti
la telecamera puntata su Pino. E si deve fare silenzio anche in strada
perché un nome urlato, un saluto chiassoso, la voce alta di un
venditore entrerebbero dritto dritto  nel microfono del conduttore.
Giù, in strada, dopo le  minacce, le intimidazioni e il recente
pestaggio di Pino Maniaci, di tanto in tanto passano i carabinieri. Si
fermano, salgono a salutare Pino, si guardano attorno e si danno un
arrivederci con Pino, Letizia e gli amici che fanno compagnia alla
minuscola, battagliera redazione di questa televisione che resiste.

Il
paese è Partinico, 30mila anime,  brava gente, laboriosa, capace di
indignarsi,  gente di solide radici nella storia del movimento
democratico per il lavoro. Poi, tra loro, oggi come ieri e l’altro
ieri, le anime  anime nere che non ci dormono per la testardaggine di
Telejato a denunciare le malefatte e gli intrecci tra mafia, soldi e
politica.
Pino Maniaci non è di quelli che s’arrendono.  A
guardarlo lavorare capisci che non si fermerà mai. Fiero, mostra la
tessera ad honorem appena ricevuta dall’Associazione Nazionale 
Carabinieri .”Sbirro!”, si schernisce Pino, dicendo ad alta voce quanto
stanno pensando i mafiosi nel vedergli in mano quella tessera. E lui,
con un sorriso largo in faccia e la sigaretta tra le labbra, la ripone
con cura nella tasca interna della giacca.
E’incredibile quanto
sia costretto a fare, e sa fare, Pino Maniaci tra un servzio e l’altro
da montare, tra il lancio di un reportage e la presentazione di una
intervista.

Oggi ci siamo noi di Articolo21, con Beppe Giulietti che
lascia la campagna elettorale per parlare con lui di informazione lotta
alla mafia e democrazia, e c’è una ragazza arrivata da Tusa, nel
messinese. Studia giornalismo a Bologna e ha scelto di fare la tesi di
laurea sulla trincea più esposta dell’informazione. Pino le mostra,
orgoglioso, il promo di un film che si sta preparando sulla loro
esperienza: spezzoni di servizio sulla distilleria Bertolino che
inquina da alcuni decenni, la politica della zona grigia, la cronaca
fatta di morti ammazzati e di arresti eccellenti, la cattiva politica e
quella che resiste e lavora per cambiare le cose.Partinico. Laggù c’è
il mare, la costa tra Palermo e Trapani, striscia di terra dove gli
intrecci tra mafia, politica, impresa e segrete stanze e più fitta e
pericolosa. Dove operano quanti hanno ereditato il potere dei grandi
boss caduti nella rete.”Provenzano guardava Telejato”, ci ricorda Pino
Maniaci. E, in effetti, il segnale di Telejato da quaggù, con il mare
vicino, arriva fin lassù, a Corleone, ai paesi dell’interno, paesi dove
la storia siciliana ha raccolto il meglio e il peggio dell’Isola: il
movimento dei Fasci, la lotta contadina al latifondo, le battaglie per
l’acqua ai contadini di Danilo Dolce, e poi le vite criminali e
terroriste dei boss stragisti.

Per Pino, minacce, intimidazioni,
botte, ma anche una montagna di denunce.”Una volta, queste cose si
regolavano senza dover fare ricorso ad avvocati e magistrati…”.La
frase fu raccolta da un giornalista venuto da fuori e riferita a Pino,
che della persona intervistata aveva denunciato malefatte e reati.Pino,
che naturalmente è capace a decifrare quella frase, racconta l’episodio
con un sorriso che sembra ricaricarlo. Ci saluta e ci dice arrivederci.
Non c’è tempo da perdere. Lui torna davanti alla telecamera, sua figlia
Letizia mette in onda il prossimo servizio, noi raggiungiamo Palermo
passando da Capaci, gettando uno sguardo alla pietra che non ci fa
dimenticare Giovanni Falcone.

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