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La rassegna stampa della settimana

Di Alessio Magro il . Rassegne

Lo Stato mette le mani nei forzieri delle mafie. Dall’inizio dell’anno, beni per un miliardo sono stati sequestrati a cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta. Un ottimo lavoro da parte del commissario straordinario Antonio Maruccia. A fornire il dato è il quotidiano della Cei (L’Avvenire/11 marzo), che lamenta la mancata creazione di un’agenzia centralizzata. Anche il principale quotidiano campano si occupa di beni confiscati (Il Mattino/10 marzo), con un tour nelle ville dei boss trasformate in mete turistiche. Ancora beni confiscati, con il maxisequestro nel Napoletano: 300milioni presi alla famiglia Russo. Un clan capace di fare affari a Manhattan e pronto a investire sulla ricostruzione a Ground Zero (Il Mattino/8 marzo).

In otto lunghi anni, il giudice Edi Pinatto non ha trovato il tempo per scrivere le motivazioni della sentenza contro il clan dei Madonia di Gela (L’Avvenire/12 marzo). Il boss “Piddu” è in cella da tempo, ma altri sono usciti dal carcere per un ritardo inammissibile.

C’è chi ancora ha voglia di difendere Totò Cuffaro (Corriere della Sera/13 marzo). Monache e parroci della Sicilia insorgono in difesa dell’ex governatore, protestando contro il direttore di Famiglia Cristiana, Antonio Sciortino, reo di aver invitato Casini e l’Udc a mandare a casa il discusso Totò.

Dai preti cuffaristi al caso Campagna, altro esempio di ipergarantismo nostrano. Il processo d’appello s’avvia a conclusione, con la sentenza attesa a giorni (Gazzetta del Sud/09 marzo). E finalmente il popolo delle fiction si è nutrito con la storia della ragazza di Saponara uccisa a 17 anni dalla mafia, nel 1985. “La vita rubata”, con Beppe Fiorello e Clarissa Volpentesta, è andata in onda lo scorso lunedì, dopo la lunga polemica e i rinvii a causa del concomitante processo (Gazzetta del Sud/10 marzo).

Pagine e pagine di cronaca giudiziaria dalla Calabria. L’inchiesta Why not è al giro di boa: si va verso la riabilitazione di Mastella, con la richiesta di archiviazione (Il Quotidiano della Calabria/9 marzo). Esce di cella anche Pasquale Tripodi, l’ex assessore regionale della giunta Loiero, coinvolto nell’operazione antimafia Naos. Secondo il Tribunale del Riesame di Perugia, l’arresto delle scorse settimane è illegittimo (Il Quotidiano della Calabria/09 marzo). Scarcerato anche il poliziotto reggino accusato di favorire la cosca Libri. Massimo Labate, in manette da consigliere comunale in quota An, dovrà adesso rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa (Il Quotidiano della Calabria/13 marzo).

È la mafia più pericolosa e lo dimostra. C’è la ‘ndrangheta dietro la megatruffa al ministero dell’Istruzione. La banda del buco in versione telematica è riuscita a penetrare nei sistemi informatici delle Poste. L’assalto degli hacker ‘ndranghetisti ha fruttato 13 milioni di euro, trasferiti in una banca del Cairo, in Egitto (Gazzetta del Sud/12 marzo). C’è la ‘ndrangheta dietro un altro scandalo all’Asl di Locri: per anni tre dipendenti, condannati per mafia, sono stati pagati regolarmente (Gazzetta del Sud/11 marzo). C’è la ‘ndrangheta dietro gli usurai di Cosenza. Il processone Twister si è concluso con le condanne in appello. Coinvolti il fratello dell’ultimo segretario regionale dei Ds e un noto editore calabrese (Gazzetta del Sud/12 marzo). E c’è ancora la ‘ndrangheta dietro i proiettili inviati ai magistrati di Lamezia. Otto buste, una per ogni pm (Il Quotidiano della Calabria/9 marzo).

Si torna a parlare di due storie lontane. Si cercano ancora i cadaveri di Giorgio De Micheli e Andrea Cortellezzi, rapiti dall’anonima dell’Aspromonte (il primo nel ’75, l’altro nell’89) e mai più tornati a casa (Corriere della Sera/10 marzo). Si cerca ancora il corpo di Mauro De Mauro, il giornalista dell’Ora di Palermo scomparso nel ’70. La pista golpista (De Mauro sarebbe stato ucciso perché a conoscenza del colpo di mano organizzato da Borghese) ha portato alla ‘ndrangheta e al cimitero di Conflenti (in provincia di Catanzaro). Il corpo ritrovato grazie alle rivelazioni di un pentito non è però quello di De Mauro (Il Quotidiano della Calabria/13 marzo).

Luci e ombre nella Confindustria calabrese. L’associazione retta da Umberto De Rose ha siglato un patto d’azione antimafia con la gemella siciliana. L’iniziativa lanciata sull’isola dal presidente Ivan Lo Bello sarà estesa in continente, con l’obiettivo di coinvolgere l’intero Sud (Gazzetta del Sud/08 marzo). Ma i vertici degli industriali scricchiolano sotto i colpi della magistratura. Dal maxiprocesso di mafia Puma, arriva la richiesta di condanna a 10 anni per l’ex assessore regionale Dionisio Gallo e, appunto, per Raffaele Vrenna, patron crotonese che è anche vicepresidente della Confindustria Calabria (Il Quotidiano della Calabria/12 marzo). L’operazione trasparenza lanciata da Montezemolo e l’intesa tra De Rose e Lo Bello sembra cozzare contro la scelta degli industriali calabresi di confermare l’incarico (per bocca dello stesso presidente) al discusso Vrenna (Il Quotidiano della Calabria/13 marzo).

Ancora Calabria, ma in chiave positiva. Un reportage dà conto del mondo delle coop sociali nel Reggino, confluito a Locri lo scorso primo marzo. Eccellenze, frizioni e buchi neri nel mondo del Goel, il consorzio orfano del vescovo Bregantini (Liberazione/12 marzo). Altra nota positiva, i successi della Valle del Marro. La coop di Libera Terra, impiantata sui terreni presi ai boss della Piana di Gioia Tauro, vende i propri prodotti in Germania. E continua a incassare riconoscimenti e premi per la qualità delle produzioni (L’Avvenire/8 marzo).

Tiene ancora banco il caso rifiuti in Campania. Responsabilità politiche, la catena degli errori e delle menzogne sulle eco balle in un reportage (Liberazione/13 marzo). Da Napoli le storie di due ragazzini. Storie di camorra e anticamorra nella guerra di Scampia. A sedici anni è un baby killer nella guerra di Secondigliano, uccide uno scissionista e adesso chiede perdono attraverso un tatuaggio (Il Mattino/9 marzo). A 13 anni è un testimone di giustizia, costretto a vivere sotto scorta. Ha visto il sicario in un agguato a Cangiano. E insieme alla famiglia ha deciso di parlare in aula (L’Unità/13 marzo).

Ci hanno provato un po’ tutti ad assoldarlo, ma Roberto Saviano ha resistito alle lusinghe dei partiti. Non si candida alle Politiche e continua a picconare la Politica: nei programmi non si parla più di mafia, sulla criminalità una rimozione bipartisan (Il Corriere della Sera, 13 marzo).

L’allarme è tutt’altro che infondato: le mafie sono pronte a mettere le mani sulle ricchezze della Toscana. È la Dna, nella relazione annuale, a indicare le rotte dell’espansione criminale nel Nord-Italia. Ma anche la spinta delle nuove mafie straniere (Corriere Fiorentino/12 marzo 123). Un allarme da non sottovalutare.

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