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Testimonia in aula senza paura. A 19 anni è un eroe normale

Di Francesca Chirico il . Calabria, Dai territori

A giudicare dalle reazioni di ammirato stupore, con tanto di appello alla tutela dell’intera famiglia, il suo “sì, li riconosco”, supportato dall’indice verso le sbarre dell’aula del tribunale, non era per niente dovuto o scontato.

Sarà perché ha solo 19 anni e nella pizzeria devastata dal raid della cosca, la scorsa estate, ci fa solo il cameriere stagionale per pagarsi gli studi universitari; sarà perché i proprietari del locale sfasciato da Salvatore, Francesco e Andrea Carone, rispondendo alle domande del pubblico ministero, hanno invece balbettato scuse, amnesie e imbarazzanti silenzi; sarà, soprattutto, perché a Tropea tutti sanno che fratelli Carone significano cosca Mancuso e che cosca Mancuso significa ‘ndrangheta.

Di possibili attenuanti, insomma, Francesco Bova avrebbe potuto brandirne più di altri di fronte al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Marisa Manzini che rappresenta l’accusa nel processo al “trio” tropeano in manette per estorsione e danneggiamento. Ma non lo ha fatto. Forse perché a 19 anni i fatti sono fatti, fermi ed ostinati, e dopo averli denunciati immediatamente telefonando ai carabinieri mentre i Carone, armati di bastoni e mazze, spaccavano tutto, Francesco non ha potuto che confermarli, ribadendo le parole di allora. “Sono stati loro, sono entrati e hanno cominciato a devastare il locale”.

Semplice semplice. Ma neppure troppo se anche il pm ha scandito al microfono un elogio al suo coraggio: “Oggi si è aperta una breccia nel muro dell’omertà. Il domani sono gli studenti”.

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