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Caso Rai, dalla procura di Reggio una smentita prudente

Di al.ma. il . Calabria, Dai territori

Il caso-Rai sembra chiudersi nel modo più inaspettato: la lettera incriminata sarebbe un’invenzione. Tutto è partito da un biglietto trovato nel covo del boss Pasquale Condello, a Reggio. Un foglietto in cui il Supremo appunta una notizia, che ritiene errata, data dal gr Rai su presunte estorsioni della cosca sui lavori per l’A3. Quel biglietto è reale. Per il quotidiano regionale CalabriaOra, insieme a quel foglietto sarebbe stata trovata una lettera di scuse di un giornalista Rai per l’errore commesso in quel servizio. Una lettera consegnata ad emissari “sicuri”. Addirittura altri quotidiani calabresi hanno sostenuto l’esistenza di un filmato che riprende il giornalista insieme al fiancheggiatore del boss.

Scoppiato il caso, è furente la polemica, con l’Ordine e la Fnsi nazionali e regionali a chiedere chiarezza: si faccia il nome per non infangare la categoria e soprattutto la sede Rai di Viale Marconi a Cosenza. Poi una dichiarazione oltremodo acrobatica dalla procura di Reggio. È il reggente Franco Scuderi a dichiarare: “Non esiste alcuna missiva il cui contenuto sia riconducibile a quella menzionata dalla stampa succitata”.
Si parla di contenuto “non riconducibile”. Ma questa lettera esiste o no? CalabriaOra ha posto la domanda al procuratore Scuderi e ai pm della Dda Galletta e Lombardo. Risultato: nessuna conferma, nessuna smentita, le indagini sono in corso. Strano. In ogni modo, il caso è chiuso. Il nome di quel giornalista non è circolato, almeno sulla stampa, e non uscirà più.

La Rai Calabria e la categoria possono tirare un sospiro di sollievo.  E così Giuseppe Soluri, presidente dell’ordine calabrese, si sfoga: «Così come avevamo giudicato gravissima l’eventualità che un giornalista calabrese potesse avere in qualche modo, e per qualsivoglia motivo, tenuto un comportamento acquiescente nei confronti di uno dei più noti boss della ’ndrangheta, così riteniamo di una gravità inaudita che per giorni, sulla base di una pura menzogna, sia stata messa in discussione la onorabilità, l’autonomia, la professionalità ed il coraggio civile di una intera redazione, quella della Rai calabrese, attraverso l’attribuzione, ad uno dei suoi esponenti, di un comportamento moralmente e deontologicamente devastante che invece non c’era stato». Soluri annuncia poi “le opportune iniziative disciplinari così come aveva già annunciato che avrebbe fatto, senza sconti, nei confronti di chi si fosse, se si fosse, macchiato del comportamento descritto con la pubblicazione della falsa notizia».

Si minacciano sanzioni, ma difficilmente sarà presentato il conto, anche se la notizia dovesse effettivamente risultare infondata. La procura non è stata chiara e, del resto, non è stato chiarito un altro punto: come è possibile che quel biglietto sia arrivato nella redazione di un giornale se i documenti sequestrati a Pellaro, come sostiene la Dda, sono stati esaminati solo dopo alcuni giorni?  Una domanda che, probabilmente resterà senza risposta.

Intanto, anche l’ordine nazionale, con il segretario Enzo Iacopino, prende la parola:  “Nessuno – ha aggiunto Iacopino – potrà mai trovare risorse adeguate a risarcire i giornalisti della Sede Rai della Calabria e gli iscritti all’ordine professionale”. Augurandosi iniziative disciplinari nei confronti degli autori del falso scoop, Iacopino chiama in causa anche la magistratura:  “ L’ordine nazionale – ha concluso – valuterà la possibilità di assumere altre iniziative legali nei confronti di quanti, pubblici ufficiali, violando per altri aspetti il segreto di indagine hanno avviato un meccanismo che con il condimento di una menzogna ha creato grave danno ai colleghi della sede Rai della Calabria e all’ordine dei giornalisti”.

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