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Forgione attacca Confindustria “In Calabria poca trasparenza”

Redazione il . Calabria, Dai territori

Non è un’emergenza, ma un “modello strutturale” di gestione dell’economia e della società. Arriva finalmente la relazione della commissione parlamentare antimafia sulla ‘ndrangheta. Spunti investigativi, ipotesi di lavoro, denunce eclatanti. Ma anche tanti desiderata, zone d’ombra non ancora scandagliate dalla commissione, stoppata dallo scioglimento anticipato delle Camere.

È una fotografia agghiacciante del “degrado e della corruzione che si vive in Calabria”, dice il presidente Francesco Forgione ai giornalisti. Un’analisi di 237 pagine per mettere a nudo “l’organizzazione criminale più potente d’Europa, certamente una delle più credibili a livello mondiale”.
 
“Per favore non parliamo più di emergenza – dice in apertura il presidente – se è vero che il primo scioglimento di un comune in Calabria (Reggio) risale addirittura all’800”. Eppure “siamo qui per riaccendere i riflettori sulla ‘ndrangheta, quei riflettori che dopo Duisburg sono stati colpevolmente spenti”.
La ‘ndrangheta è dipinta come una “mafia liquida” (un omaggio al sociologo Zigmunt Bauman). È una borghesia mafiosa globalizzata, “capace di assumere il monopolio del traffico della cocaina, perché la ‘ndrangheta è ormai il broker di tutte le partite che viaggiano sull’asse America Latina-Europa”.

Dalle origini al patto diabolico con le massonerie, dal passato al futuro. Poi un’istantanea: la mappa di tutte le cosche, famiglia per famiglia, territorio per territorio, quell’assetto uscito dalla seconda guerra di mafia (sei anni di agguati e oltre 600 morti ammazzati sul terreno) che l’arresto del Supremo Pasquale Condello potrebbe far saltare, insieme alla pax mafiosa ormai compromessa.

Poi alcune metafore del fallimento politico e della delegittimazione morale della classe dirigente calabrese, e non solo: il porto di Gioia Tauro e l’A3. “Le cosche controllano la gran parte delle attività legali che transitano da Gioia” denuncia Forgione. Altra criticità quella dei controlli: “Dei tre milioni di container scaricati sulle banchine, solo 1500 sono controllati”. Ed è lì dentro, in blocchi di marmo piuttosto che in carichi di giocattoli, che sono stivati i carichi di cocaina diretti al mercato europeo.
Stesso schema nei lavori per la Salerno-Reggio Calabria. Le cosche sanno farsi imprenditrici, ma mantengono rigida la bussola del controllo del territorio: ogni appalto è appannaggio del clan territorialmente competente, chilometro per chilometro.

I capannoni vuoti sono l’emblema delle truffe all’Ue e allo Stato: per anni imprese fantasma messe in piedi con i fondi della 488, mentre “tutti gli indicatori economici e sociali continuano a relegare la Calabria agli ultimi posti in Europa” chiosa Forgione. Poi una frecciata alle banche troppo spesso “garanti” e alla pubblica amministrazione “infiltrata e asservita agli interessi mafiosi”. Un punto sul quale il presidente è chiarissimo: “Sono troppo pochi gli scioglimenti di enti locali”.

E come un cancro che si rispetti, la ‘ndrangheta prolifera, si espande in Italia e all’estero. Ormai Lazio e Lombardia sono considerate dagli investigatori regioni ad alto tasso mafioso. Approdo degli investimenti dei capitali ripuliti, ma anche mercato per la droga e territorio da spremere col racket. Dai centri commerciali al mercato del lavoro nero, dall’edilizia ai locali alla moda, globale e locale, modernissimo e tradizionale. È la ‘ndrangheta liquida, che beve champagne ma non rinuncia all’ortofrutta. E va all’estero ad investire, “spesso godendo del silenzio complice di Stati come quello tedesco, che si accorgono della ‘ndrangheta solo dopo il sangue di Duisburg, ma non sentono il puzzo dei soldi mafiosi”.

Il volto di Forgione si fa serio, tocca al tema sanità. Due i casi portati a paradigma: la famigerata Asl di Locri e quella di Vibo. L’ospedale della ‘ndrangheta, con figli e parenti dei boss tra i dipendenti, sullo sfondo dell’omicidio Fortugno. E poi quello della malasanità, delle morti sospette sotto i ferri per negligenza o incapacità, a Vibo, nel terzo millennio.

Un capitolo a parte tocca a Villa Anya, la clinica di Mimmo Crea, deputato regionale arrestato nelle scorse settimane. “E’ un caso che la dice lunga sul rapporto tra affari, politica e cosche”, sottolinea Forgione, perché quella clinica ottiene un primo ok dalla giunta di centrodestra (con Crea due volte assessore), poi l’accreditamento con il governo del centrosinistra (con lo stesso Crea candidato dl non eletto, poi entrato in consiglio dopo la morte di Fortugno). Trasversalismo, comitati d’affari, vischiosità.

Forgione non glissa sul consiglio regionale: “Sono garantista per formazione, ma di fronte a un’assemblea di indagati dico che la politica deve arrivare prima della magistratura, tenendo ferma la barra sulle proprie responsabilità, che si basano su valutazioni diverse da quelle giudiziarie”. Ergo, un politico chiacchierato non va candidato, anche se non risulta nulla di penalmente rilevante a suo carico. Un nodo che la commissione ha fatto proprio nel codice di autoregolamentazione, approvato all’unanimità. “Adesso i partiti siamo conseguenti” provoca Forgione.

Quindi l’affondo: “Dalla Confindustria della Calabria non ho sentito una sola parola di denuncia, a differenza dell’associazione siciliana. Nessun imprenditore denuncia, ma la cosa davvero grave è che nessuno invita a farlo”. Poi una stiletta a Montezemolo: “Ha annunciato di voler espellere quegli imprenditori che risultino collusi con le mafie. Ad oggi nessuno è stato radiato dall’albo calabrese, nemmeno il vicepresidente dell’associazione, che ha patteggiato la pena in un procedimento per concorso in associazione mafiosa”.
Infine il presidente dell’Antimafia detta la linea alla prossima legislatura: agenzia del demanio, una base legislativa antimafia comune in Europa, stop ai finanziamenti a pioggia e un colpo ferreo ai politici ma soprattutto ai dirigenti collusi. E soprattutto “la questione Calabria entri finalmente tra le priorità dell’agenda politica nazionale”. Subito, o sarà troppo tardi.

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