Catania, il procuratore mancante
In
cinque da Catania, volti già noti in procura, tutti candidati papabili
per la nomina a procuratore capo del capoluogo etneo. D’Agata, Papa,
Gennaro, Serpotta, Rossi. Cinque nomi che al momento, tuttavia, non
sembrano cavalli vincenti. La volata vede in testa un “purosangue”
esterno, per occupare il posto vacante in procura dopo il pensionamento
di Mario Busacca. Le votazioni della commissione incarichi direttivi
del Csm lo confermano: quattro preferenze per il procuratore nisseno
Di Natale e un solo voto per D’Agata. Al momento non è ancora stata
calendarizzata la data da parte del Csm perché non sono ancora state
depositate le motivazione della candidatura. Nulla di definitivo, quindi,
dati i ricorsi che saranno quasi certamente presentati dagli esclusi,
ma la nomina di un procuratore non catanese potrebbe ridisegnare il
quadro della Procura etnea, da tempo “poco protagonista” all’interno
della vita cittadina.
Negli
ultimi anni la Procura di Catania ha ricevuto diverse accuse, tra cui
quella di aver costituito un blocco di potere, oggettivamente controllato
da una corrente sola all’interno della Magistratura, con conseguente
difficoltà di movimento nei procedimenti e nelle indagini. Una magistratura
che ultimamente si è però “svegliata” sul caso parcheggi a Catania
e ha sospeso dal servizio di funzionario dirigente della Presidenza
della Regione Siciliana Salvatore D’Urso, che è indagato per il suo
incarico di responsabile dei nove parcheggi che il Comune di Catania
ha progettato in project financing.
L’arrivo
di un procuratore esterne potrebbe essere il risultato di un gioco di
dinamiche, correnti, posizioni interne alla Magistratura? Sicuramente.
Magistratura Democratica è pronta a sostenere la candidatura del procuratore
di Caltanissetta, la cui partenza permetterebbe l’insediamento nella
procura nissena di magistrati appoggiati dalla stessa Md. Ma non sarebbe
corretto ridurre a questo l’attesa nomina. Un esterno eviterebbe
di adombrare sulla Magistratura locale il sospetto di “dialogare”
in maniera troppo diretta con i potenti locali. Nel 2001 l’ex presidente
del Tribunale dei minori Giambattista Scidà e il magistrato catanese
Marino furono ascoltati dalla Commissione antimafia a riguardo del presunto
blocco di potere che si celava dietro la procura di Catania e che garantiva
favori, gestiva inchieste in maniera non ortodossa e intratteneva rapporti
fin troppo intimi con potenti e mafiosi del catanese. Un accusa dura
che rimane agli atti, sebbene, per onore di cronaca la magistratura
abbia sollevato dai sospetti i magistrati “incriminati” (richiesta di archiviazione alla Procura
della Repubblica, presso il Tribunale di Messina, 18 luglio 2003, accolta dal Gip in data 24 marzo 2004), tra
cui Giuseppe Gennaro, Mario Busacca e Ignazio Fonzo.
L’obiettivo
è quello di recuperare maggior trasparenza e far ripartire la procura,
la cui immobilità si aggrava ricordando che il tribunale è inserito in un “meccanismo” di procure incrociate che
prevedono di controllare reciprocamente l’operato dei giudici. Con conseguenti
difficoltà di gestione tra procure diversissime e giochi di pesi e
contrappesi nel giudizio dell’operato delle procure gemellate. Uno dei
modi, potrebbe essere nominare un procuratore capo esterno. Per rimettere
in moto Catania e fugare ogni dubbio su eventuali connivenze e trattamenti
di favore.
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