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La “prima linea” di Vito Pipitone

Di Chiara Putaggio il . Dai territori, Sicilia

“Anche se ero piccolo ricordo
perfettamente quella terribile sera. Io e i miei tre fratelli eravamo
insieme a mia madre. La luce elettrica non c’era e noi bambini ci
stringevamo intorno alla mamma. Sul tavolo c’era la candela accesa.
Era tardi e papà non tornava. Noi piangevamo e non potevamo dormire”.
Parla così Antonio figlio di Vito Pipitone, sindacalista marsalese
che il 9 novembre del 1947 fu freddato dalla mafia vicino a casa sua.
Antonio racconta la sua storia con una commovente semplicità agli studenti
dell’istituto tecnico per Geometri “Vincenzo Accardi” di Petrosino
che sabato scorso, insieme a Libera, hanno deciso di dedicare una giornata
al ricordo di una vittima della mafia del nostro territorio. “Un vicino
di casa bussò alla nostra porta – continua – . ‘Vito sta male’,
disse a mia mamma e noi piangevamo sempre di più. Mia mamma andò all’ospedale,
ma noi non abbiamo più potuto vedere papà”. Vito morì subito dopo.
Lasciò la moglie, Filippa Di Dia e quattro figli: il più grande, Pietro
aveva solo 8 anni, la femminuccia Maria Pia 6, Antonio 4 e Melchiorre
– che morirà dieci anni dopo per una malattia cardiaca – soltanto
2 anni. 
Vito Pipitone era capo lega, sindacalista della C.G.I.L. e fu ucciso
perché si era messo alla testa di centinaia e centinaia di contadini
per occupare le terre (Rammincalle e Giudeo di Mazara del Vallo) gestite
dai latifondisti e dai mafiosi che sfruttavano i braccianti agricoli
facendoli lavorare fino a12 ore al giorno in cambio di poche lire. “Lo
scopo di Vito – chiarisce Giuseppe Gandolfo, coordinatore provinciale
di Libera – era far attuare una legge dello Stato: il decreto Gullo
che prevedeva l’assegnazione delle terre libere o incolte ai coltivatori
diretti. A giudicare dalle recenti leggi sull’agricoltura che ancora
oggi mettono in ginocchio gli agricoltori la battaglia di Vito va portata
avanti anche oggi. Noi, come Libera, stiamo facendo la nostra parte
con “Libera Terra” favorendo la nascita di cooperative agricole
in terreni confiscati alle mafie”. Presenti i sindacalisti Saverio
Piccione, segretario provinciale della CGIL e Enzo Milazzo segretario
della camera del lavoro di Marsala, entrambi hanno sottolineato che,
come sessant’anni fa, ancora oggi spesso il lavoro è un diritto negato,
“Anzi – ha precisato Milazzo – i lavoratori, specie se precari,
vengono ritenuti solo dei serbatoi di voti da mantenere in condizione
di difficoltà per poterne disporre a piacimento. In questo senso la
lotta dei sindacati, la stessa lotta di Vito Pipitone, è ancora molto
lontana dalla conclusione”. “Ringrazio tutti voi – ha aggiunto
Antonio Pipitone – per aver parlato di mio papà, ma il mio desiderio
è che nasca un libro scritto da chi l’ha conosciuto che racconti
chi era e cosa ha fatto e soprattutto spero che le istituzioni facciano
un monumento in suo onore”. Proposta subito sposata dagli studenti:
“abbiamo già chiesto l’intitolazione di due strade a Peppino Impastato
e Mauro Rostagno – hanno annunciato – faremo la stessa cosa anche
per Vito Pipitone” e l’assessore all’agricoltura di Petrosino,
Enzo Maggio ha assicurato “Mi occuperò della questione personalmente”.

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