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Spari nel silenzio riportano in vita fantasmi del passato

Di Norma Ferrara il . Dai territori, Interviste e persone, Sardegna

E’ una mattina come tante ad
Orgosolo, paese dell’entroterra nuorese quando Peppino si alza, fa colazione e
si dirige intorno alle 10.30 verso
l’edicola in cui è solito recarsi per acquistare i giornali; Da cinquant’anni
Peppino Marotto, classe ‘26, lotta per la sua terra, racconta le storie del
mondo pastorale sardo, attraverso poesia e canti. Lo fa con un’energia speciale
per chiedere i diritti che mancano, progresso e pace ma sempre attraverso il dialogo e il rispetto. Il 29
dicembre 2007 Peppino Marotta viene
ferito a morte con 4 colpi di pistola alle spalle e due colpi alla testa mentre
sta per entrare nell’ edicola. Un’esecuzione avvenuta in pieno giorno ma di cui
nessuno sembra aver visto, sembra ricordare nulla. Spari che hanno squarciato
un silenzio delle armi che ad Orgosolo, il paese dei murales, durava da 5 anni.
Le indagini sul delitto sono ferme, l’unica pista seguita dagli inquirenti in
questi primi giorni, lega l’omicidio di Marotto a quello di Salvatore ed Edigio
Mattana, due fratelli, allevatori, i cui corpi sono stati trovati sfregiati e
lacerati da 15 colpi di fucile a Lutturrè, (zona di pascolo e ovili sopra
Orgosolo) proprio 48 ore dopo l’assurda morte del poeta. In paese si vocifera sin
dai primi momenti che l’omicidio di Peppino sia stata opera del vicino di casa,
Raffaello Mattana, fratello dei due allevatori morti. A raccontarci cosa c’è
dietro queste morti e soprattutto cosa sta accadendo nella Sardegna interna e
sconosciuta, Ottavio Olita, caporedattore Rai regionale e collaboratore de
L’unità:
Chi era Peppino Marotto e cosa può averne firmato la condanna
a morte dopo una vita di lotte e impegno?

Peppino era un uomo che per cinquant’anni ha fatto
conoscere, tramite poesia e canto, paesi dell’interno della Sardegna che sino
ad allora erano conosciuti solo per fatti di cronaca nera. Lui era l’uomo del dialogo,
della mediazione, dell’ascolto. Ha contrapposto la cultura alla violenza e per
anni ha difeso, incoraggiato e raccontato il mondo pastorale restituendogli la
sua vera identità. Era ed è un simbolo e la sua morte segna il punto più alto
di una situazione di tensione che negli ultimi anni si vive sul territorio.
La morte di un simbolo della convivenza civile per lanciare
un messaggio?

Si e questo è dimostrato da una serie di fattori. Qualcuno,
molti, si suppone vista l’ora e la zona in cui si è svolto l’agguato, hanno
visto, ma tutti tacciono. Questo è significativo perché hanno capito che
Marotto è stato ucciso per quello che rappresenta. Se fosse stata opera di un
singolo per futili motivi, certamente la società l’ avrebbe isolato e denunciato. Nessuno parla perché hanno capito
il significato di questo gesto e chi o cosa c’è dietro. Che la morte dei due
allevatori sia stato poi il risultato di una giustizia popolare è assolutamente
falso, a mio avviso.
Cosa c’è dietro
queste morti incrociate allora, perché questa sorta di depistaggio?

Non ha senso ragionare in termini di giustizia popolare la
famiglia del poeta, la gente, le istituzioni hanno subito duramente condannato
questi omicidi. Una cosa del genere è in netto contrasto con tutto quello in
cui da sempre Marotto ha creduto e che è scritto nelle sue opere. Una vendetta inoltre
si pianifica, si organizza e non lo si fa di certo in due giorni. E’più
realistico pensare che qualcuno per regolare conti in sospeso con i due
allevatori abbia deciso di cogliere
l’occasione al volo deviando, com’è accaduto, l’attenzione. Se fosse stato Raffaele Mattana ad uccide
Marotto perché vendicarsi lasciandolo in vita? Sfregiare in quel modo orrendo i
suoi fratelli, con passati non limpidi, vuol dire solo una cosa da queste parti:
innescare una faida tremenda e chi ha subito tenterà di vendicarsi, e così via.
Marotto vittima di un nuovo clima di tensione di
disgregazione che mira ad instaurare qualcosa di diverso nel silenzio di uno
Stato assente?

C’è una caduta di valori in questi anni che è spaventosa (soprattutto
la scuola ne è responsabile) e una crisi del tessuto sociale molto forte. Questa
ha generato un clima che riporta al passato, quello in cui in mancanza dello
Stato a parlare sul territorio era la legge del fucile. Orgosolo e tutta la Sardegna centrale sono
aree in cui l’industrializzazione ha fallito e un nuovo sviluppo della
pastorizia non è stato seguito e incoraggiato dalle politiche di Governo. Lo
Stato non ha ascoltato più il mondo pastorale e quello che sta accadendo, sotto
gli occhi di tutti, è una prevaricazione della frangia più violenta con il
rischio di ritornare indietro di cinquant’anni, ad una violenza tribale e
insensata.

Ombre di storie parallele in una società che si risveglia
sotto colpi di fucile. Mattana e Marotto due mondi apparentemente lontani d’un tratto
tremendamente vicini. E sullo sfondo una società cui sotto i piedi il terreno
si sta sgretolando lentamente. In favore di un vuoto: arcaico, disgregante e
belligerante. Un vuoto in cui vecchi fantasmi riemergono dal passato e se
necessario imbracciano le armi e premono il grilletto.

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