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Confindustria, slitta lo statuto antiracket

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

    Pizzini e ancora pizzini. Tanti, è l’archivio delle comunicazioni intercorse nell’ultimo quinquennio tra i boss mafiosi più importanti della Sicilia occidentale, Bernardo Provenzano, i Lo Piccolo, il castelvetranese Messina Denaro, l’agrigentino Falsone.

    Lo spaccato che emerge è clamoroso, i boss mafiosi parlano (scrivono) tra di loro e tradiscono che qualche insospettabile è sempre a loro disposizione, i numeri in codice ne nascondono l’identità. Nei «pizzini» fin qui sequestrati c’è la vita quotidiana di Cosa Nostra, l’amministrazione, la concessione di consigli e suggerimenti, le regole del «pizzo», la lottizzazione delle estorsioni e dei lavori appaltati. Gli «affari» che sarebbero stati gestiti dal «re» dei supermercati Giuseppe Grigoli appena arrestato dalla Polizia, risultano essere stati «regolati» anche attraverso questi «pizzini».

    Il giovane super latitante di Cosa Nostra siciliana  Matteo Messina Denaro – che scrive i suoi «pizzini» anche al computer e che forse per una malattia agli occhi riesce a malapena a firmarli, dopo averli dettati a qualcun altro, sottoscrivendoli di suo pugno utilizzando lo pseudonimo «Alessio», nome che sembra non completamente sganciato dalle vicende mafiose del territorio trapanese – parlando proprio di supermercati scrive a Provenzano assicurando che «la metà è per lei».

    Sono precisi «affari», il chiodo fisso di Matteo, come l’apertura di ben sei supermercati nell’Agrigentino. La regola di Cosa Nostra vuole che venga pagata una «tassa» alla mafia agrigentina, ma «Alessio» mostra perplessità per la situazione di instabilità in cui versa la mafia di Agrigento: «Ma lì non ci si può fidare… è tutto per aria…» e chiede a Provenzano, «Ci pensa lei? Se ne occupa lei? Io mi affido a lei…»; poi suggerisce, «una soluzione ci sarebbe… gli ho detto a quelli che noi prendiamo due persone… Mi faccia sapere, resto a sua disposizione…».
«Alessio» in un altro «pizzino» scrive che bisognerebbe trovare un prestanome a cui intestare un megarifornitore di benzina nella zona di Santa Ninfa, ma non è facile: «Gli sbirri sequestrano sempre» e alla fine «non si trovano più neppure i rincalzi dei rincalzi».

    Si interessa anche della costruzione di una mega stazione di servizio sull’autostrada A29 tra Castellammare del Golfo ed Alcamo e i suoi desideri pare che di passo in passo seguano l’evolversi del progetto che di queste settimane ha ricevuto l’ok dell’Anas. Finora è stato agevole per gli investigatori capire tutta una serie di scambi epistolari solo perché precedenti indagini avevano consentito di acquisire molti particolari che hanno funzionato da chiave interpretativa. Una cosa è certa: Cosa Nostra è molto più nuda e trasparente di prima. Ma le collaborazioni genuine ed i passi indietro tardano ancora ad arrivare.

     Così come spesso i complimenti agli investigatori non sono unanimi. Per l’arresto di Grigoli non tutti i politici hanno dispensato le congratulazioni a magistrati e investigatori, a Trapani qualche “senatore” è rimasto in silenzio preferendo occuparsi dei Bari di Caravaggio che dei mafiosi finiti in cella. La Confindustria che nel giorno dell’arresto di Grigoli avrebbe dovuto sottoscrivere con altri 18 soggetti lo statuto dell’associazione antiracket ha rinviato tutto al 28 dicembre, poi ha posticipato ancora ogni cosa al 10 gennaio prossimo. Per il resto c’è chi vuole che come l’«araba fenice» la mafia torni sempre a risorgere. Ed ancora una volta sono più le calunnie che le armi a farsi sentire contro chi può essere di ostacolo.

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