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“Alpi, omicidio su commissione”, la famiglia riscopre la giustizia

Di redazione il . Internazionale

Un primo punto fermo sul caso Alpi. Un omicidio, quello della giornalista del Tg3 trucidata insieme al cameraman Miran Hrovatin, avvenuto “probabilmente su commissione, per impedire che fossero divulgate notizie relative al traffico d’armi e di rifiuti tossici tra l’Italia e la Somalia” . È il gip di Roma Emanuele Cersosimo a sancire una piccola svolta, con un secco no alla richiesta di archiviazione dell’indagine-bis della procura capitolina. Una decisione che dà un duro colpo alla tesi Taormina, sostenuta dalla maggioranza cdl nella commissione d’inchiesta sul caso Alpi.
Per il giudice per le indagini preliminari la Alpi fu assassinata perché aveva raccolto notizie e informazioni che non potevano essere divulgate. Un giudizio che accoglie in pieno la richiesta dell’avvocato Domenico D’Amati, legale della famiglia, basata soprattutto sugli elementi emersi dalla commissione parlamentare d’inchiesta guidata da Carlo Taormina. Adesso, Il pm Franco Ionta avrà sei mesi di tempo per svolgere ulteriori accertamenti sui mandanti del duplice omicidio, avvenuto a Mogadiscio il 20 marzo del 1994.
L’avvocato D’Amati ha commentato molto positivamente la decisione del gip Cersosimo. Una decisione maturata dopo “un’analisi complessiva degli elementi indiziari fino a oggi raccolti dagli inquirenti” e che ha portato a ritenere che “la ricostruzione della vicenda più probabile e ragionevole appare essere quella dell’omicidio su commissione, attuato per impedire che le notizie raccolte da Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in ordine ai traffici di armi e rifiuti tossici avvenuti tra l’Italia e la Somalia venissero portati a conoscenza dell’opinione pubblica italiana”.

La procura romana aveva chiesto l’archiviazione del secondo procedimento ritenendo infruttuosi gli accertamenti investigativi sui mandanti. D’Amati, però, nella camera di consiglio del 27 novembre scorso, ha presentato al gip nuovi elementi che possono essere preziosi per trovare la verità. L’unico condannato a titolo definitivo per questa vicenda è il miliziano somalo Omar Hashi Hassan, che sta scontando in un carcere del nord d’Italia 26 anni di reclusione.

“Siamo felici, abbiamo riscoperto la giustizia in questo Paese”. Così Luciana Alpi, madre di Ilaria, commenta la decisione del gip di Roma. “Leggiamo nell’ordinanza – prosegue – che con molta probabilità si è trattato di delitti su commissione. Credo sia la prima volta che un giudice mette nero su bianco una cosa del genere. Vedremo che tipo di approfondimenti saranno fatti”.

Il no all’archiviazione dell’indagine-bis ha anche un altro effetto: mina la credibilità del documento conclusivo di maggioranza della commissione parlamentare d’inchiesta. “Non ci sono misteri dietro l’omicidio di Ilaria Alpi”, ha detto Taormina nel febbraio 2006, sintetizzando il contenuto delle conclusioni. Una posizione contestata dalla minoranza, che ha presentato una memoria contestando l’uso politico delle indagini e soprattutto ribadendo un concetto: il caso Alpi è e rimane aperto. Oggi, con la decisione del gip Cersosimo, una prima vittoria della giustizia.

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