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Pignataro Maggiore, emergenza rifiuti

Di Stefano Fantino il . Campania, Dai territori

Ammassate ai bordi delle strade,
sparse nei campi, sono 6000 le tonnellate di rifiuti che intasano letteralmente
il territorio della provincia di Caserta, in attesa di una possibile
rimedio per il loro smaltimento.
La soluzione proposta dal prefetto Pansa, commissario per l’emergenza
rifiuti prevede l’utilizzo come discarica di un bene confiscato in località Contrada Arianova a Pignataro Maggiore. In una nota del commissario, si precisava
in realtà che i siti potenzialmente utilizzabili erano due: una cava
dismessa e appunto l’area confiscata al clan Lubrano-Nuvoletta.
 

La scelta di puntare sulla
seconda ha incontrato non poche resistenze, sia a livello istituzionale
che a livello di società civile. Negli scorsi giorni in seno alle manifestazioni
di protesta contro la discarica di Pignataro, 23 sindaci del casertano
aderenti al consorzio Geo Eco, hanno formalizzato al prefetto di Caserta
Maria Elena Stasi le loro dimissioni, a causa della “impossibilità
di affrontare con mezzi e strumenti ordinari una situazione di emergenza”
come si legge nelle lettere di dimissioni. Pansa  ha parlato di
un ultimatum di 48 ore, con scadenza in tempi brevissimi, per individuare
un’eventuale altro sito per la discarica. Altrimenti si procederà in
tempi stretti alla dislocazione nel territorio prescelto. L’ipotesi
paventata da Pansa vede contrario Valerio Taglione del Comitato don
Peppe Diana e referente per Caserta di Libera.
 

“L’area, confiscata al
clan Lubrano-Nuvoletta – sottolinea Taglione –  è stata già
assegnata ad una cooperativa sociale  che ne ha fatto una fattoria
sociale. I terreni sono già stati lavorati e pronti per la semina.
Peraltro sono state acquistate anche le relative sementi. Nella fattoria 
sono iniziate le attività di una di un centro diurno per persone svantaggiate 
con n. 7 utenti e  in questi giorni  è prevista l’apertura
di un gruppo di appartamento residenziale per utenti dell’ex Ospedale
Psichiatrico Giudiziario. L’utilizzo a fini diversi – afferma ancora 
Taglione – del bene confiscato, non solo snatura  i fini 
per i quali è nata la legge 109/96, ma  penalizza ulteriormente
le popolazioni interessate, perché oltre al danno devono subire anche
la beffa di una discarica che non potrà che apportare ulteriori difficoltà
a popolazioni che da anni subiscono il condizionamento della criminalità
organizzata. “l’alto valore simbolico” per noi è raccogliere
il grano a giugno non il percolato ancor di più perché quei beni sono
oramai della comunità e non più della camorra.
 

Solo nelle prossime ore, scaduto
l’ultimatum prefettizio,  il groviglio di rifiuti ed ecoballe forse
riuscirà a sbrogliarsi.

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