La favola rosa delle ragazze di Badolato
di Francesca Chirico
La squadra di Badolato Ilenia la questione dei passi e dei rimbalzi non l’ha ancora capita bene e dopo ogni tentativo di tiro contro la porta senza rete alza le spalle con il rossore dei 10 anni: “Professore, non ci riesco”. Nessun dramma.
Per lei e per le altre under 14 che da un angolino del campetto gettano uno sguardo agli allenamenti di sorelle, cugine o amiche più grandi, non c’è alcuna fretta. I segreti della pallamano, tra le ore di educazione fisica nel cortile della scuola media e le sessioni di allenamenti pomeridiani, pioggia permettendo, avranno tutto il tempo di apprenderli con calma lasciando che pivot, passi e rimbalzi continuino ad essere solo un gioco da bambine.
Da queste parti, però, le bambine giocano sul serio, tanto da riuscire a finire catapultate dalla piazza del paese ai campi della serie A, sparigliando pronostici, destabilizzando esperti e costringendo federazione nazionale e
squadre femminili di tutta Italia a cercare Badolato sulla carta geografica della Calabria. Lacuna poco sorprendente, la loro.
A sud dei velenosi palazzi della politica di Catanzaro e a nord delle sanguinarie faide di San Luca, Badolato (Cz) è incastrata lontana da telecamere e titoli sui giornali, il vecchio cuore nel paese lasciato solo sulla collina, la faccia nuova nei condomini spalmati in marina, tra un cartello di benvenuto e uno di arrivederci lungo la statale jonica.
In mezzo, tremila abitanti, sei bar, la piazza, il distributore di benzina, i vecchi orgogliosi di aver tenuto a bada la celere di Scelba durante lo sciopero al rovescio nel 1950, i più giovani orgogliosi della bella figura regalata alla Calabria con l’accoglienza dei curdi sbarcati dall’Ararat. Storie che le quindici giovanissime giocatrici della Cs Meta 2, il 6 ottobre attesa al debutto in serie A contro il Grosseto, conoscono dai resoconti di nonni e genitori che dell’ultima favola di Badolato, quella raccontata, cioè, a colpi di pallone, forse non si sono ancora accorti.
La pallamano, d’altronde, non è il calcio. “Quando in Italia dai a un ragazzino un pallone da calcio sa già cosa farsene, lo vede e lo impara da piccolo; con la pallamano è diverso, devi cominciare da zero, spiegando
come maneggiare la palla, come si gioca”. Il professore Valentino Paparo le sue lezioni di educazione fisica nel cortile della scuola media di Badolato ha preferito comunque dedicarle allo sport “minore” con una
scelta controcorrente ripagata da risultati inattesi: “Abbiamo cominciato a vincere”. Prima nei tornei scolastici, poi nelle competizioni juniores, le piccole badolatesi diventate “squadra” tra una lezione di italiano e una di
matematica macinano vittorie e risate, e macinando vittorie e risate cominciano a crescere.
Nel 2000 nasce la Cs Meta 2 e la prima iscrizione al campionato di categoria. In trasferta con mammà, il professore come allenatore, le famiglie come parte attiva della società sportiva, la squadra ci prende gusto
e ritmo, così tanto da scalare saltellando i gradini dei campionati e decidere di restare parcheggiata in serie B solo per due anni, conquistando l’accesso tra le grandi con uno spietato percorso di vittorie senza sconti.
Nella scheda spedita sul tavolo romano della federazione non c’è scritto tutto, però.
Non si racconta, per esempio, dei primi allenamenti ospitati dall’unica piazza del paese, una manciata di metri quadrati che la Chiesa dedicata ai Santi Angeli Custodi si spartisce con la delegazione municipale in marina
e che a Badolato finiscono spesso per sostituire palestre e palazzetti dello sport. Senza riparo da pioggia e vento, la piazza ha però assicurato a Marica, Imma, Ilaria e Alda i primi, diffidenti spettatori affacciati dai
balconi o seduti sui gradini della chiesa: “A cchi jòcanu?”. “Pallammanu”. Certo, sul vecchio lungomare c’è il campetto nato con i finanziamenti dei Patto territoriale insieme a campi da tennis, calcetto e pallacanestro.
Ma per renderlo accessibile, sfoltendo una foresta di erbacce, allestendo alla meno peggio una recinzione e, soprattutto, garantendo l’illuminazione, c’è voluto il salto di categoria in serie B e la necessità di indicare alla
federazione un luogo idoneo per lo svolgimento delle partite. Nonostante le pezze messe “a singhiozzo” dal Comune, però, idoneo il campetto badolatese non lo è mai davvero diventato. “ Molte squadre calabresi hanno chiuso un occhio perché avrebbero potuto rifiutare di giocare in quelle condizioni”, ammette Paparo, ripensando agli spogliatoi che d’estate il pub dirimpettaio usa come bagni per i clienti, garantendo, in cambio, le luci serali sul campetto e allenamenti dopo il tramonto.
“Il punto è che quando la pizzeria chiuderà rischiamo di non avere più l’illuminazione”, ragiona preoccupata Sabrina Vasile che al pensiero della serie A, e di un gioco diventato dannatamente serio, ride nervosamente sulla panca assediata da zaini, vecchi palloni sgonfi, bottiglie d’acqua piene e il rituale vassoio di dolci per rifocillarsi dopo l’allenamento. Tra trasferte fuori regione e iscrizione al campionato, in effetti, la favola
innanzitutto non è gratis e il suo conto, euro più, euro meno, ricade in massima parte sul tavolo delle famiglie badolatesi trascinate nell’avventura da figlie con il pallino di vincere. “Abbiamo scritto all’assessore regionale
allo Sport per chiedere un contributo ma non abbiamo ancora ricevuto nessuna risposta. Nel frattempo cerchiamo, come sempre, di darci da fare contattando sponsor e avviando una raccolta fondi per le ragazze”,
racconta Anna Larocca, che la pallamano l’ha scoperta da mamma al seguito.
Più delle spese da sostenere, a chiudere già lo stomaco delle ragazze di Badolato, uniche calabresi a militare in serie A, è invece il pensiero della stazza, dell’età e dell’esperienza delle avversarie. “Sappiamo che sarà
durissima ma ce la metteremo tutta per fare bella figura e rappresentare bene la nostra terra”, garantisce con perfetto aplomb da capitano la sedicenne Marica Vasile. Per le altre – dai 14 ai 18 anni – parlano invece
le espressioni preoccupate e certi commenti pronunciati a denti stretti e accolti dalle sonore risate del gruppo. Prima compagne di classe, poi di squadra. Sempre, innanzitutto, amiche. “Questo è il loro segreto”, confida
il mister-professore. “Lo spirito di gruppo e la grinta”. Con queste armi le ragazze terribili di Badolato hanno sbaragliato anche avversarie più adulte, esperte e alte. Già, l’altezza. Non amano che glielo si faccia notare. “Compensiamo con la velocità”, rispondono piccate mentre provano nuovi schemi in mise scompagnate e coloratissime che presto saranno sostituite da una divisa da grandi.
(testo e foto pubblicati su blog.gilbotulino.it)
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