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‘Un modo di pensare’ in Sicilia

Di Rino Giacalone* il . Dai territori, Sicilia

di Rino Giacalone

Accade questo e accade in queste settimane in Sicilia. Segnali tanti. Anche a Trapani dove tutto questo si fonda su di uno scenario che non è cambiato più di tanto rispetto a quando i sindaci negavano l’esistenza di Cosa Nostra e la mafia oggi non è in sostanza il nemico vero da battere, e a dirlo è pure un certo “tam tam” della stampa locale. Un fantastico Benigni fece una esatta parodia ai siciliani nel film Jhonny Stecchino, “il nemico è il traffico…di auto”. Proprio così è ancora oggi.

Confindustria lancia un attacco in Sicilia contro il racket e da Trapani a rappresentare gli imprenditori trapanesi viene mandato un personaggio, Giuseppe Marceca, che ha patteggiato un’accusa di favoreggiamento alla mafia. Lui non si fa cruccio di nulla, i vertici del sindacato degli imprenditori dopo dicono che non ne sapevano niente, nonostante le pagine di giornale dedicate a questa storia. Non si guarda alle commistioni, perchè in più di qualche caso significherebbe guardare dentro le propie case, nelle proprie stanze del potere, oppure significherebbe dovere parlare di se stessi, ma viene più agevole parlare di microcriminalità, e di criminalità comune.

Si specula, per dire che la malavita le forze dell’ordine e la magistratura non la combattono, sul legittimo dolore di una madre che ha visto uccidere il proprio figlio intervenuto a difesa di un collega che stava epr essere rapinato, e si dimentica però il dolore di tante altre madri, mogli, figli di donne e uomini uccisi dalla violenza mafiosa, le cui morti spesso sono senza risposta. Don Luigi Ciotti spesso ci ricorda quante tante siano le vittime di mafia rimaste senza giustizia. Ma questo non suscita scandalo.

Per far capire lo “scenario” dove si opera, e come la stampa diffonde le notizie, da Trapani ci spostiamo nella vicina Erice. Il neo sindaco, Giacomo Tranchida, forte tradizione di sinistra, dopo essersi insediato ha deciso di avviare una stagione di legalità, anche per una precisa ragione: un senso di rivalsa sulla precedente amministrazione che non si muoveva tanto per il sottile, senza guardare tanto a legalità e trasparenza e che gli ha lasciato buchi di bilancio clamorosi e debiti da saldare sorprendenti. Tranchida deve fare i conti pure con un territorio per una gran parte caratterizzato da situazioni di disagio e degrado e all’interno dei quali più che lo Stato comandano i soliti delinquenti da strapazzo. Giorni or sono uno di questi, tale Francesco Lipari, pregiudicato per mafia, con sulle spalle sette anni scontati per mafia ed estorsioni ed altri tre per tentata estorsione, è stato scoperto a chiaccherare con un altro mafioso, e perciò è stato arrestato.

Tranchida dai giornali scopre che a difendere questo soggetto è un suo assessore, Salvatore Galluffo, degnissima persona, al di sopra di ogni sospetto, e però l’incompatibilità “morale”, tra il lavoro di Giunta e quello professionale è saltata subito evidente, Tranchida ha fatto notare che non si può stare dentro una Giunta che della difesa della legalità e dei più deboli sta facendo il suo punto forte e poi fuori dal Municipio andare a difendere le ragioni di un mafioso. Stiamo parlando della Giunta che ha concesso la cittadinanza onoraria all’ex prefetto Fulvio Sodano che i mafiosi, che lo definivano “tinto”, non hanno ucciso sol perchè sono riusciti a farlo trasferire. Tra Tranchida e Galluffo in modo consensuale le strade si sono divise e Galluffo è tornato a fare l’avvocato a tempo pieno.

A soffiare sul fuoco della polemica nessuno dei due e nemmeno i partiti della coalizione che sostengono la Giunta, l’opposizione per speculare si è resa conto d’improvviso delle grandi qualità di Galluffo (come assessore) e ha criticato l’esclusione dimenticando che fino ad allora non lo aveva dedicato di alcuna attenzione, a soffiare sul fuoco della polemica una tv locale: il suo direttore, Rocco Giacomazzi, tessera di giornalista in tasca, assieme a quella di dirigente di Alleanza nazionale, parlando durante una sua trasmissione ha bollato l’azione di Tranchida come “un modo di pensare”.

Come era un “modo di pensare” quello di Mauro Rostagno. Oggi celebrato ieri, in vita, doveva fare i conti con la maldicenza. perchè da queste parti lottare la mafia e difendere i deboli è un modo di pensare, non è il “pensiero” o l'”agire” che dovrebbero essere le azioni dominanti. Strana l’informazione. Da una parte si chiede certezza della pena e dall’altra parte un mafioso colto in fallo diventa un uomo da difendere ad ogni costo. Una “difesa” che rischia di servire a chi vuole mandare segnali e far capire che per la mafia non tutto è perduto da queste parti nonostante pure ciò che scrive il boss latitante Matteo Messina Denaro parecchio preoccupato dell’azione delle forze dell’ordine in un pizzino si dice convinto che finite di arrestare le persone verranno arrestate anche le sedie dove queste persone erano pure sedute.

La microcriminalità va combattuta ma non si può sottovalutare il potere sempre più forte della mafia contro la quale c’è uno sforzo che giorno dopo giorno si fa sempre più difficoltoso da parte di magistrati, forze dell’ordine e giornalisti che cercano di svelare i retroscena inquietanti. Ci sono i giornalisti che hanno raccontato dei camion dei mafiosi che portavano il cemento nei cantieri trapanesi della Coppa America, e questi sono quelli che secondo certi politici ed amministratori, sindaci e assessori, vanno “querelati”, ci sono i giornalisti che parlando bene delle arancine sono diventati cittadini onorari di Trapani.

* cronista de La Sicilia
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L’articolo su “La Sicilia”: Le tante verità nascoste dopo 19 anni di misteri (PDF)

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