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“Meno solo grazie a Libera, alla fine vinceremo noi”

Intervista di Francesca Chirico il . Calabria, Dai territori, Interviste e persone

di Francesca Chirico

VIBO VALENTIA – Da dieci anni in esilio dalla Calabria, con la vita distrutta per aver denunciato. “Ma alla fine credo che la giustizia trionferà sul male”. Pino Masciari se ne dice convinto mentre gli occhi, e i mitra, dei quattro angeli custodi che lo hanno in consegna non gli si staccano di dosso per un solo istante, prezzo visibile del conto che l’imprenditore edile di Serra San Bruno ha aperto con la ‘ndrangheta nel 1996. In quell’anno Masciari decide di raccontare ai carabinieri del 9 per cento che su ogni appalto deve dividere tra la cosca dei Viperari (3 per cento) e la pubblica amministrazione (6 per cento) e delle intimidazioni subite da quando ha deciso di chiudere il rubinetto. Sottoscrive le denunce, fa scattare una raffica di arresti e istruire tre processi e, infine, si affida allo Stato, lo stesso che qualche giorno fa, però, non ha messo a disposizione un’auto blindata per permettere anche alla moglie e ai due figli di riabbracciare la Calabria all’ombra dell’albero di Natale. Carenze che il testimone di giustizia ha più volte denunciato.

In una lettera inviata il 4 ottobre al Tribunale di Catanzaro lei ha lamentato l’assenza delle condizioni di sicurezza per una sua trasferta in Calabria.
“Nei precedenti trasferimenti sono stato trasportato con mezzi fortuiti che recavano la targa della località protetta e che quindi mi esponevano a pericoli. Questo non mi assicura quella serenità che invece dovrebbe essere garantita a una persona che è costituita come parte offesa. Presentarsi al processo per confermare le proprie dichiarazioni è un momento fondamentale senza il quale si rischia di annullare tutto l’operato delle forze dell’ordine. E spesso purtroppo non sono stato messo in condizioni di poter espletare questo dovere”.

Conoscendo quello che ha vissuto in questi dieci anni e che la sua famiglia ha vissuto accanto a lei, rifarebbe la scelta di bussare alla caserma dei carabinieri per denunciare le cosche?
“ Lei mi fa una domanda molto pesante. Con molta schiettezza le dico che lo rifarei anche per il sostegno ricevuto dalla società civile e per i 1.600 associati di Libera grazie ai quali sono meno solo. Ho trovato una famiglia enorme. In Italia non è vero che tutto è marcio, il marciume va però scartato e messo da parte in maniera definitiva”.

Le manca Serra San Bruno?
“ Mi manca la mia terra, mi mancano i profumi, gli amici. Mi manca tutto. Io sono sempre un calabrese e rimarrò tale. Anche se l’ex sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ha sancito per iscritto che io in Calabria non posso più tornare per l’elevato rischio che corro”.

Lei però a giugno è tornato a votare.
“ In questi anni mi avevano privato anche di questo diritto costituzionale e per difendere i miei diritti, nel rispetto della legalità e della giustizia, sono pronto a fare questo e altro”.

Quanto la Calabria del 2006 è diversa da quella che lei è stato costretto ad abbandonare 10 anni fa?
“ Dopo dieci anni di esilio speravo che non fossimo più costretti a parlare di cosche e ‘ndrangheta e invece quella metamorfosi che io pensavo ci dovesse essere e quel miglioramento della società civile in cui confidavo non ci sono stati. L’inquinamento è totale. Certo, non si può generalizzare, ma esiste una grande fetta di persone che va definitivamente accantonata”.

(Intervista d’archivio tratta dal Domani della Calabria)

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