Francesco Forgione fa lezione di legalità agli studenti: applausi per l’arresto dei Lo Piccolo
Dopo circa
due ore di dibattito tra i futuri ragionieri e il presidente della
Commissione parlamentare Antimafia un agente della scorta si avvicina
a Francesco Forgione e gli sussurra qualcosa all’orecchio. “È sicuro?”,
chiede il presidente, basta un cenno dell’agente e la comunicazione
diventa ufficiale. “Vi do una notizia in diretta – annuncia
sorridendo – ho appena saputo che hanno arrestato Sandro e Salvatore
Lo Piccolo”.
Il presidente non ha avuto nemmeno il tempo di
concludere la frase che i ragazzi si sono tutti alzati in piedi e
hanno applaudito fragorosamente l’evento che ha avuto il sapore
di un appuntamento con la storia appreso da testimoni più che
da alunni.
La cattura dei due boss di San Lorenzo insieme a quella
di Matteo Messina Denaro, infatti, era stata auspicata da Forgione
solo pochi minuti prima della comunicazione. Ma i ragazzi del progetto “Legalità” portato
avanti dagli insegnati Antonella Milazzo, Francesca Cocchiara e Paolo
Accardi, non sono stati ascoltatori passivi e hanno posto decine
di domande su temi quali la funzione dei pentiti, la collaborazione
tra mafia e politica e la più o meno radicata presenza delle
organizzazioni criminali nel nostro territorio: “Trapani è l’unica
provincia dove nessuno denuncia il pizzo”.
Francesco Forgione
ha fornito un quadro storico e al tempo stesso, per certi versi,
giornalistico, del fenomeno mafioso che, nonostante muova “cento
mila milioni di euro l’anno – ha precisato – può e
deve essere sconfitto. Uno dei mezzi è l’integrazione
della legge redatta da Pio La Torre nel 1976 e poi approvata in parlamento
solo nel 1982 dopo l’omicidio del parlamentare del Partito
Comunista e dell’allora prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla
Chiesa. Mi riferisco alla 416 bis, che colpisce i traffici dei mafiosi
confiscandone i beni”. Integrazioni che puntano sui tempi – ora
la confisca avviene materialmente soltanto dopo 15 anni – e
sulla denuncia delle operazioni bancarie sospette attraverso l’attuazione
di una legge del ’91 sull’anagrafe dei conti correnti. “Ma
l’arma più forte per sconfiggere la mafia – ha
alzato il tono – è la tutela della scuola pubblica,
che rende possibili incontri come questo e sottrae alla mafia braccia
e cervelli. Ecco perché il prossimo 20 novembre nascerà uno ‘Sportello
della Commissione per le scuole e le università ’: un
portale telematico dove gli studenti potranno apprendere l’attività della
Commissione, studiare la storia di Cosa nostra ed accedere gratuitamente
ad una filmografia completa”.
Emozionati studenti e professori hanno ascoltato l’escursus
storico, a partire dalla strage di Portella della Ginestra “quando
gli uomini di Giuliano spararono contro contadini e comunisti che
festeggiavano il primo maggio” all’assassinio di Placido
Rizzotto, il primo sindacalista ammazzato perché lottava contro
il latifondo. “Ora – ha precisato Forgione – la
mafia ottiene i suoi introiti soprattutto con la droga, ma tiene
gli occhi puntati sull’edilizia e sulla sanità. Ci sono
zone in cui un ospedale è l’unica fonte di economia:
le organizzazioni criminali ne detengono il controllo sia per creare
posti di lavoro in modo da manipolare grandi masse di persone che
per trasformare diritti come quello alla salute, in favori elargiti
in cambio della libertà individuale”. Situazioni che
sono rese possibili grazie a stretti legami tra boss ed esponenti
della politica locale. “Ecco perché la Commissione Antimafia – ha
aggiunto – sta facendo pressione sui partiti affinché non
candidino più chiunque sia stato rinviato a giudizio per accuse
come racket, usura, concorso in associazione mafiosa e gestione illecita
dei rifiuti. La cosa violerebbe parzialmente il principio d’innocenza,
ma tutta la pubblica amministrazione risulterebbe più trasparente”.
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