Stefano Scorzato: «Le mafie non sono più un caso meridionale»
di Mariangela Paone
«Si perpetua un sistema culturale che vuole le mafie come un problema delle regioni meridionali. E l’informazione in questo non aiuta». Non usa mezzi termini Stefano Scorzato, referente regionale di Libera in Friuli Venezia Giulia, per spiegare la difficoltà che si riscontra, in territori lontani dalle regioni a tradizionale concentrazione mafiosa, nel fare attività e informazione antimafia. Da tempo le mafie hanno perso la loro dimensione territoriale ma riuscire ad andare oltre la «questione meridionale» e ripensarle come un problema nazionale e internazionale è tutt’altro che scontato.
«Nonostante le relazioni semestrali della Dia e i rapporti del ministero dell’Interno facciano emergere quanto questi fenomeni siano radicati anche sui nostri territori – spiega Scorzato – se si scorre la stampa locale, a parte qualche giornalista, non si riesce ad andare oltre la cronaca di arresti e sequestri. Rispetto ai traffici, alle collusioni, ai sistemi di riciclaggio dei proventi delle attività mafiose, non si trova nulla».
Un atteggiamento che parte da un «deficit culturale» e si consolida «per comodità». «Molti sono davvero convinti che la cosa non ci riguardi ma è anche una questione di comodo – aggiunge il referente di Libera – E’ meglio non trattare certi argomenti.
Quando si vuole arrivare a grattare un po’ più a fondo per capire meccanismi, legami, commistioni, ruolo della massoneria, in più di qualche occasione ho avuto problemi». C’è una resistenza culturale a scavare nelle zone d’ombra di un «territorio che viene visto come l’isola felice, parte di quel Nord-Est che nell’immaginario collettivo traina il Paese». Eppure le relazioni degli organismi di indagine parlano chiaro, dalle attività di riciclaggio della ‘ndrangheta nella vicina Slovenia alle infiltrazioni negli appalti, non ultime quelle dei clan di Gela nei lavori della base Nato di Aviano. Ma «in realtà anche all’occhio di qualsiasi spettatore ci sono ci sono cose che fanno saltare la mosca al naso. È vero che è un territorio ben presidiato dalle forze dell’ordine ma questo non vuol dire che sia immune alle dinamiche che ruotano attorno alle attività del crimine organizzato».
E le mosche al naso possono saltare sia partendo da considerazioni semplici «come per esempio il numero sproporzionato per una provincia piccola come quella di Trieste, di sportelli bancari, finanziarie e assicurazioni presenti sul suo territorio» sia approfondendo notizie già emerse «sulle nuove schiavitù di cui il nostro territorio si è reso protagonista, sulle ecomafie, sul rapporto con le mafie dell’est». E – si chiede Scorzato – «se queste notizie riesco ad averle io che non sono giornalista perché chi per mestiere ha gli strumenti per farlo non lo fa?». Se lo facesse contribuirebbe ad «aiutare chi fa attività antimafia sul territorio» e «a far capire che vivere a Udine o a Trieste non vuol dire essere lontani…».
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