“Solo e senza scorta per testimoniare in aula”
di Francesca Chirico
VIBO VALENTIA – “Non ho più alcuna intenzione di mettere a rischio la mia incolumità personale ma soprattutto quella di mia moglie e dei miei due figli e non ho più la forza di sopportare soprusi, privazioni e umiliazioni”. Non sapendo se nelle trasferte in Calabria deve temere di più la vendetta delle cosche della ‘ndrangheta che ha denunciato o l’abbandono dello Stato cui si è rivolto, Giuseppe Masciari ha deciso disertare l’udienza in programma ieri al Tribunale di Catanzaro, nell’ambito di uno (Procopio Fiorito e altri) dei sei procedimenti penali scaturiti dalle sue dichiarazioni.
Le amarissime ragioni del testimone di giustizia di Serra San Bruno, legate a presunte carenze nei servizi di tutela, sono affidate a una lettera che – insieme a un certificato medico attestante lo stato di abbattimento fisico e psicologico in cui verserebbe “a causa delle vicissitudini che ho dovuto affrontare in questi lunghi anni di esilio e di sequestro” – è stata protocollata il 2 ottobre scorso. “Sono più che convinto – denuncia il testimone nella missiva – che esiste un disegno preordinato dal Servizio Centrale di Protezione da un lato ad impedirmi dal recarmi ai processi affinché gli stessi non vengano celebrati e dall’altro a scaricarmi e lasciarmi sotto il mirino della criminalità organizzata”.
A riprova di quanto sostenuto l’ex imprenditore edile ricorda che “quasi mai mi è stata data una scorta adeguata con auto blindate, più volte sono stato accompagnato con una Fiat Tipo e non blindata e priva di dispositivi di sicurezza con solo due militari – un autista ed un capo scorta -. Altre volte ancora sono stato accompagnato con autovetture non blindate e senza alcun dispositivo di sicurezza, lasciate, tra l’altro, in sosta davanti alla porta dei tribunali riportanti la targa della regione della località protetta. Quasi mai mi è stato garantito alcun dispositivo di tutela fissa durante i pernottamenti in Calabria, e cosa ancora più grave, parecchie volte in occasione delle mie testimonianze sono stato lasciato solo come si è verificato a Catanzaro, a Crotone, a Lamezia Terme di Nicastro (per circa sei giorni) e Vibo Valentia”.
Difficile dimenticare “quando il 7 giugno 2001 nell’aula bunker di Catanzaro, dinanzi al Gup venni fatto sedere senza alcuna protezione accanto ai 41 imputati che avevo denunciato e dagli stessi fui fatto oggetto di sguardi beffatori e gesti minacciosi e fui costretto a ritornare immediatamente nella località protetta”. Eppure i pericoli cui Masciari sarebbe incorso tornando in Calabria sono sempre stati evidenti, tanto da spingere l’allora presidente della Commissione centrale Alfredo Mantovano ad invitarlo a non recarsi più alle udienze perché il rischio per la sua incolumità era elevato. “Con delibera del 28 luglio 2004, la Commissione Centrale – aggiunge – mi vietava di ritornare in Calabria unitamente alla mia famiglia perché riteneva “che sussistono gravi ed attuali profili di rischio, che non consentono di poter autorizzare il ritorno del Masciari e del suo nucleo familiare nella località d’origine e che il rientro non autorizzato nella località d’origine potrebbe configurare violazione, suscettibile di revoca del programma di protezione”.
“Ciò nonostante – fa notare nella lettera – tre mesi dopo, con delibera del 27 ottobre 2004, la Commissione Centrale, “osservato che il Masciari ha esaurito gli impegni giudiziari”(?) mi avvisa che il programma di protezione si sarebbe concluso a far data dal 17 marzo 2005 senza minimamente peraltro stabilire alcunché in ordine alla mia sicurezza personale, lasciandomi senza documenti di copertura esposto alle ritorsioni della criminalità organizzata e senza prospettive future per me e la mia famiglia”. Abbastanza per spingerlo a confermare, certo, quanto precedentemente dichiarato contro le ‘ndrine, ma da lontano.
tratto dal Domani della Calabria
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