La guerra fra toghe a Catanzaro
di Alessio Magro
Ci sono tutti gli elementi della spy story, ma non è un romanzo quello che è accaduto e accade nella procura di Catanzaro. Ultimo atto la richiesta del Guardasigilli Clemente Mastella al Csm: trasferimento cautelare di ufficio per il pm Luigi De Magistris e per il procuratore capo Mariano Lombardi. Una presa di posizione, quella del ministro, a suo dire doverosa e non legata all’inchiesta “Why not”, che lo ha visto chiamato in causa nelle scorse settimane.
In una relazione di 300 pagine inviata al Csm, gli ispettori di via Arenula contestano a De Magistris «gravi anomalie» nella gestione del fascicolo “toghe lucane”, il presunto comitato d’affari che avrebbe agito in Basilicata. ll pm avrebbe favorito fughe di notizie e soprattutto avrebbe escluso dall’inchiesta il procuratore capo Lombardi, mentre quest’ultimo avrebbe omesso il controllo sul suo sostituto. Adesso a decidere sarà l’organo di autogoverno della magistratura. Il verdetto è atteso per l’8 ottobre.
Anche a Catanzaro sono in corso gli accertamenti degli ispettori ministeriali. In particolare, sotto la lente le indagini che De Magistris avrebbe condotto sulle altre toghe della procura, compreso Lombardi, disponendone l’intercettazione telefonica. Le registrazioni sono state trasmesse alla procura di Salerno. Secondo i magistrati spiati, si tratterebbe di indagini compiute in difetto di competenza, una grave violazione. Sulla questione è stato interessato il Csm.
De Magistris è titolare di alcune inchieste che hanno toccato, trasversalmente, diversi esponenti politici regionali e nazionali. Ha seguito anche l’inchiesta “Poseidone”, relativa alla gestione di fondi per la depurazione e l’ambiente, che vede coinvolti i vertici della giunta regionale calabrese (Cdl) della passata legislatura. L’inchiesta gli è stata revocata da Lombardi, dopo che lo stesso De Magistris aveva inviato un avviso di garanzia al senatore Giancarlo Pittelli, coordinatore in Calabria di Forza Italia. Lombardi ha motivato la decisione sostenendo o che non era stato informato degli sviluppi dell’inchiesta.
Il pm catanzarese indaga anche sui finanziamenti europei arrivati in Calabria. L’inchiesta Why not vede al centro le attività di un gruppo di imprenditori, i loro legami con la politica e la massoneria. Un’inchiesta per la quale De Magistris avrebbe ricevuto pressioni anche dal ministero della Giustizia, dopo la rivelazione dell’esistenza di telefonate intercettate tra Mastella e Antonino Saladino, tra i principali protagonisti. Il colpo di scena arriva quest’estate, quando spunta fuori il nome di Romano Prodi. Il premier sarebbe indagato per abuso d’ufficio, ma non c’è mai stata alcuna conferma ufficiale. A portare al primo ministro è l’agenda telefonica di Saladino. Oltre ai numeri di altri personaggi già indagati (tra questi i generali della Guardia di Finanza, Walter Cretella e Paolo Poletti, Luigi Bisignani iscritto alla loggia P2 e quello del senatore di Fi, Gianfranco Pittelli) quello di Sandro Gozi (ex funzionario dell’Unione europea, assistente politico di Prodi e attualmente suo sostituto in commissione Affari costituzionali della Camera), Pietro Scarpellini e dello stesso Prodi. Chiamati in causa anche Lorenzo Cesa, segretario udc, l’ex sottosegretario udc Pino Galati e diversi uomini riconducibili all’Udc, ad An e a Forza Italia.
La decisione di Mastella ha scatenato la reazione della società civile. Alla notizia della richiesta di trasferimento per De Magistris, associazioni e cittadini sono scesi in piazza, davanti al tribunale catanzarese, per dare la solidarietà al pm e avviare una raccolta di firme contro il suo allontanamento.
Trackback dal tuo sito.