I volti e i nomi dell’inchiesta Why Not
Lo scorso 18 giugno, dopo due anni di indagini, il pm De Magistris ha fatto partire perquisizioni e avvisi di garanzia, ipotizzando un’associazione finalizzata alla truffa a danno dell’Ue. Nel mirino finiscono politici regionali e nazionali, ufficiali della guardia di finanza, agenti dei servizi e imprenditori di calibro. L’elenco è lungo, ci sono i diessini Nicola Adamo (vicepresidente della giunta calabrese) e Antonio Acri, l’assessore regionale Mario Pirillo (transitato dalla Margherita al Pdm, il partito del governatore Agazio Loiero), l’ex assessore regionale alla sanità Gianfranco Luzzo. E ancora il capo di stato maggiore delle fiamme gialle Gianfranco Poletti, il dirigente di Finmeccanica Franco Bonferroni, il consulente del presidente del consiglio in carica Piero Scarpellini, gli 007 Massimo Stellato (Sismi) e Brunella Bruno (Cesis).
Nell’ordinanza di De Magistris tanti i nomi eccellenti. Politici, non indagati, intercettati in conversazioni con i protagonisti dell’inchiesta. Nulla di penalmente rilevante, ma le ombre sono tante. Al centro delle indagini, la loggia massonica di San Marino, base operativa del presunto comitato d’affari. Figura cardine quella di Antonino Saladino, ex veterinario, imprenditore rampante e bipartisan, referente per il Sud della Compagnia delle opere, associazione molto vicina all’Opus dei.
A far scattare le indagini, la testimonianza di Caterina Merante, un tempo stretta collaboratrice di Saladino. La donna ricostruisce la fitta rete di attività, contatti, interessi e obiettivi dell’imprenditore, parlando di una sorta di task force capace di orientare appalti e finanziamenti pubblici, soprattutto quelli della Regione Calabria, di ottenere favori dai politici a tutti i livelli ricambiando con assunzioni dirette e indirette (in pratica, la galassia delle aziende riconducibili a Saladino avrebbe monopolizzato le assunzioni dei precari alla Regione Calabria). Pratiche che, secondo De Magistris, sarebbero state portate avanti in «simbiosi» con i governi regionali di entrambi gli schieramenti.
Peso a livello politico e trasversalità. Due esempi: secondo la Merante, Saladino avrebbe imposto due nomi all’esecutivo Loiero (De Grano e Nola), concordando il tutto con il parlamentare Sandro Gozi, ex membro dello staff di Prodi al tempo della commissione Ue, ritenuto appartenente alla loggia di San Marino. E ancora: il “Consorzio clic” è nato nel 2004 dal contatto tra Saladino, l’allora governatore Giuseppe Chiaravalloti (Cdl) e Enza Bruno Bossio, moglie di Nicola Adamo. Un finanziamento da 3,6 milioni di euro ottenuto, secondo la testimone, grazie ai contatti della Bossio con l’imprenditore Pietro Macrì, legato a Prodi e presunto membro della loggia di San Marino, e con Antonio Gargano, presidente di Fincalabra. Un finanziamento diviso in due tranche: la prima è erogata dalla giunta Chiaravalloti, la seconda dall’esecutivo Loiero, e cioè dall’assessore al Bilancio Nicola Adamo, il marito della Bossio. Le “anomalie” non sono finite: i fondi passano da Clic al consorzio Tesi, a decretarlo è Gargano, che poi diventa presidente della società Tesi. A confermare il quadro sono i dirigenti della Why not, che parlano di pesanti ingerenze da parte di Saladino.
C’è poi tutta una rete di contatti che Saladino è in grado di sensibilizzare. Favori in cambio di favori. Secondo la Merante, Saladino avrebbe fatto assumere la moglie di Luigi Sbarra, segretario regionale della Cisl, ma anche il figlio di Gigi Meduri, sottosegretario dl, e addirittura il figlio dell’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu.
Un capitolo lungo, lunghissimo, quello delle conoscenze altolocate dell’imprenditore. Contatti, incontri , telefonate. Da Gianni Alemanno a Clemente Mastella. Il ministro della Giustizia, contattato da Saladino e intercettato, si sarebbe reso disponibile seduta stante a incontrare un generale e un costruttore amici dell’imprenditore. Incontro poi saltato, ma la piena e immediata disponibilità di Mastella sarebbe il segno dei rapporti che intercorrono con Saladino.
Ci sono poi uomini di chiesa, vescovi, amministratori come Antonio Bassolino, carabinieri e magistrati con i quali Saladino sostiene di essere in ottimi rapporti.
Alleanze operative e legami in ombra si concretizzano, secondo la teste, in fondazioni e associazioni ad hoc. La Merante chiama in causa Vincenzo Bifano (ex responsabile regionale della Cdo). Ma anche Fabio Schettini (found riser di Forza Italia) e l’ex ministro Franco Frattini, entrambi vicini all’Osservatorio per il Mediterraneo. E ancora Mario Brunetta, vicino a Berlusconi, legato alla Free foundation for research.
La lista dei politici è chilometrica. In testa c’è Giancarlo Pitelli, senatore forzista di Catanzaro, accusato di finanziamento illecito ai partiti. Strani movimenti di conto corrente, contatti con alti dirigenti, come Giovanbattista Papello (indagato nel procedimento Poseidone, ritenuto collettore di denaro illecito per An) e Domenico Liso, ingegnere accusato in altra inchiesta di finanziamento illecito all’Udc. Il consorzio Liso si sarebbe aggiudicato una gara d’appalto truccata per la costruzione del nuovo ospedale di Vibo, pagando tangenti a destra e a sinistra. Sono coinvolti nella vicenda l’ex assessore regionale Gianfranco Luzzo, l’onorevole Mario Tassone, l’ex deputato Michele Ranieri e poi faccendieri vicini all’Udc, militari e uomini dell’Opus dei. Ruolo non secondario è assegnato al segretario nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa, e all’ex sottosegretario dello scudo crociato Pino Galati: avrebbero gestito i fondi neri grazie alla società Global media, alla quale confluivano i soldi attraverso un giro di fatture gonfiate, con il concorso di grandi aziende del calibro della Wind, di Alitalia, Telecom, Enel. Della Global media ha parlato anche il pentito di Cosa nostra Francesco Campanella – l’uomo che ha procurato la carta d’identità falsa a Bernardo Provenzano per l’operazione a Marsiglia – narrando di fondi europei utilizzati per finanziare l’Udc.
Nella truffa Digitaleco Optical Disk un altro caso di trasversalità: tra i vertici societari ci sono Schettini (in quota Udc), Papello (in quota An) e Giulio Grandinetti (in quota Ds).
De Magistris rivela poi il coinvolgimento di alti ufficiali della guardia di finanza e dei servizi segreti. Nell’inchiesta si parla di contatti costanti, attraverso utenze straniere, tra uomini come il generale delle fiamme gialle Walter Cretella Lombardo, l’ex consulente di Prodi e parlamentare Sandro Gozi, uomini riconducibili a Udc e Margherita, Papello, la 007 Brunella Bruno, il piduista Luigi Bisignani, il generale Poletti, Scarpellini, Bonferroni, la Global media e addirittura un magistrato della Dna.
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