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Tribunale di Perugia: il “giuda” indicato da Borsellino è il magistrato Vincenzo Geraci

Luca Grossi * il . Giustizia, Informazione, Istituzioni, Mafie, Memoria, Sicilia

La Corte d’Appello dà ragione al giornalista Rino Giacalone.

Il magistrato Vincenzo Geraci, oggi procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, è il “giuda” indicato da Paolo Borsellino nel suo ultimo discorso a Casa Professa del 25 giugno 1992.

Per averlo scritto nell’articolo pubblicato dal “Fatto Quotidiano” il 22 maggio 2012 – dal titolo “Quando il CSM bocciò Falcone: il verbale” – il giornalista trapanese Gaspare Giacalone detto ‘Rino’ era stato condannato in primo grado in sede civile (n. 351/2022, emessa il 2 marzo del 2022) per diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Geraci.

Oggi la Corte di Appello (presidente Claudia Matteini; Consigliere Simone Salcerini; Consigliere estensore Paola de Lisio) ha ribaltato la sentenza stabilendo la veridicità di quanto scritto da Giacalone e condannando il magistrato (difeso dai legali Carlo Orlando, Claudio di Pietropaolo e Laura di Pietropaolo Laurenti) “al pagamento delle spese di lite del primo grado di giudizio” in favore del giornalista e di ‘SPA Editoriale Il Fatto’, difesi dagli avvocati Martino U.Chiocci, Alessandra Flamminii Minuto e Gabriele Minelli.

Giacalone, nell’articolo, identificò in Vincenzo Geraci il ‘giuda’ “nelle parole di Paolo Borsellino durante il famoso dibattito alla biblioteca di Palermo, dopo la strage di Capaci).

Secondo il magistrato querelante, si legge nella sentenza d’Appello, questa frase aveva prodotto “danno prodotto alla propria reputazione”.

La Corte di primo grado gli diede ragione scrivendo, tra le altre cose che, non vi era “certezza di un’identificazione successiva compiuta da Paolo Borsellino che mai ebbe a chiarire pubblicamente a chi intendesse riferirsi con quell’epiteto”. “Ne consegue – scrissero i giudici di prima cura – che l’affermazione del giornalista Gaspare Giacalone ‘il “giuda” nelle parole di Borsellino’ è difforme dal vero, perché suggerisce una inequivocità dell’attribuzione che nella realtà manca”.

Tuttavia, come ha scritto la Corte di Appello, Giacalone ha riportato “una notizia vera” e che una successiva identificazione ci fu.

Paolo Borsellino – continuano i giudici – ebbe a chiarire pubblicamente a chi intendeva riferirsi con l’appellativo di giuda”. La fonte di tale certezza è la testimonianza di Luciano Costantini, magistrato che ha esercitato le funzioni di sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Marsala e collega di Borsellino.

“Il dr. Luciano Costantini – si legge – sentito come testimone all’udienza del 26 Febbraio 2020, ha dichiarato: ‘Ricordo di avere partecipato ad un incontro di saluto organizzato in occasione del trasferimento del dr. Borsellino dalla procura di Marsala alla procura di Palermo; nel corso di questo incontro Paolo Borsellino disse pubblicamente che quando era stato trasferito alla procura di Marsala qualcuno aveva detto che aveva ottenuto la desiderata “procura al mare” ma che lui il mare in tutto il tempo che era stato a Marsala lo aveva visto solamente attraverso il prisma dei vetri della macchina blindata. Ricordo che finito l’incontro pubblico, io e altri colleghi seguimmo Borsellino nella sua stanza e qualcuno gli chiese a chi si riferiva, chi era stato a dire che aveva ottenuto la procura al mare. Borsellino rispose che si riferiva a Vincenzo Geraci”.

Tale testimonianza secondo i giudici, riportata anche nel libro ‘I disarmati’ di Luca Rossi, è “assolutamente precisa e dettagliata”.

Ulteriore riscontro sarebbe da ricercare in un particolare, sempre raccontato da Costantini nell’udienza del 26 febbraio. Antonino Meli, durante i funerali di Falcone, si avvicinò Borsellino e gli tirò la toga, per avvertirlo della sua presenza: “Borsellino si riferì allora a Meli utilizzando il termine ‘mischino’ che è una forma compassionevole, e poi aggiunse che lo aveva perdonato, ma precisò che invece non aveva perdonato Vincenzo Geraci e che per questo si era riferito a lui, durante l’incontro alla biblioteca di Palermo, chiamandolo giuda, e che lo aveva fatto con tutto il cuore”.

L’articolo di De Francisci sul ‘Giornale di Sicilia’

Ulteriore chiarimento è stato fatto in merito all’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia pubblicata il 24 ottobre 1992 dal giudice Ignazio De Francisci intitolata “Borsellino mi disse che il Giuda di Falcone non si chiamava Geraci”.

De Francisci, affermò che chiese “a Paolo Borsellino chi fosse il giuda. Lui non ebbe esitazioni e mi rispose che non si riferiva affatto a Geraci e la cosa si chiuse lì.”

Secondo la Corte d’Appello le affermazioni di De Francisci non sono mai state “confermate in una sede processuale” e che Borsellino “non aveva alcun obbligo di riferire in via privata al collega a chi avesse fatto riferimento con le sue parole”.

“Ciò non porta minimamente ad escludere che in un contesto diverso, quale quello organizzato con i colleghi per il saluto mentre andava via dalla procura di Marsala, egli abbia espressamente detto di non aver mai perdonato Geraci e per questo motivo di aver rivolto a lui l’appellativo “qualche giuda” nel corso dell’incontro pubblico alla biblioteca di Palermo” si legge nel documento.

Certamente la Corte ha considerato attendibili “entrambe le fonti dichiarative” ma ha posto una diversa valenza alle dichiarazioni rese da Costantini: queste ultime sono state rese “in sede di testimonianza davanti al Giudice” mentre le dichiarazioni di De Francisci sono state rilasciate “nel corso di una intervista e mai confermate nel processo” dallo stesso.

Per questo è di “palmare evidenza che” sussiste “una individuazione certa del soggetto che Borsellino apostrofò come giuda e che tale individuazione fu fatta direttamente ed espressamente”.

* AntimafiaDUEMILA

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“Non sono giuda di Falcone”. Magistrato querela Giacalone per articolo su “Il Fatto”

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