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L’allargamento dell’UE e la fitta rete criminale nei Balcani occidentali

Piero Innocenti il . Droga, Economia, Forze dell'Ordine, Internazionale, Mafie, SIcurezza

Da diversi anni ormai è venuto evidenziandosi il fenomeno del “turismo di sussistenza” ossia il pendolarismo, con apparenti motivazioni turistiche, che spinge cittadini dell’Europa dell’Est e dei Balcani a venire in Italia o in Europa alla ricerca di beni che non si trovano nel loro paese. Li comperano in quantità adeguate e li rivendono in patria a prezzi molto più alti.

Il fenomeno è legato probabilmente al riciclaggio, ma si connette anche al trasporto di droga che rimane, comunque, la principale fonte di profitto.

Nel campo del traffico degli stupefacenti, i clan albanesi si dimostrano ormai ben strutturati e competitivi, grazie anche allo sviluppo di una importazione diretta dai paesi produttori di droghe pesanti, saltando la mediazione turca. Inoltre, gran parte dell’eroina che perviene in Ungheria, transitando attraverso le varie rotte balcaniche, è controllata pur sempre da criminali di etnia albanese (del Kosovo o della Macedonia) che acquistano grosse partite dai turchi.

Il cuore della mafia albanese sarebbe ancora proprio il Kosovo, in particolare la capitale Pristina e alcune città al confine. Altri suoi centri sono, in Macedonia, Skopje e Vratnica, in Albania, Gostivar, Skhoder e il porto di Durazzo sull’Adriatico. I mafiosi del Kosovo, albanesi, sono i maggiori trafficanti di droghe che provengono dall’Afghanistan, Kazakistan e Turkmenistan.

I serbi, tuttavia, hanno un ruolo importante nei traffici illeciti. Non dimentichiamo che dopo la frantumazione della vecchia Jugoslavia, con il delinearsi del nuovo assetto geopolitico, le industrie militari risultarono, di fatto, nelle mani dei serbi perché concentrate ad est della Drina e nei territori controllati dai serbo-bosniaci.

Inoltre, ancora in mani serbe rimaneva il controllo della vecchia Armata del popolo jugoslavo (la Jna) che veniva trasformata in BSA (Armata Serbo Bosniaca), con evidente squilibrio di potenziale bellico nei confronti degli altri paesi, Slovenia, Croazia e Bosnia musulmana, che ebbero così la necessità di armarsi rapidamente (aiutati in questo da alcuni governi stranieri che incoraggiarono il traffico di armi con l’obiettivo di riequilibrare le forze in campo). Così la Croazia che da sola avrebbe investito un miliardo di dollari nella costituzione della propria Armata, mentre la Serbia continuava ad importare armi dalla Russia e ad esportare il surplus, vendendolo alle organizzazioni criminali dell’Ovest europeo e la Slovenia importava armi dall’Austria e dall’Ungheria.

Per queste attività il denaro è stato reperito attraverso l’esercizio di attività illegali e l’utilizzo o il coinvolgimento di criminali senza scrupoli. La carriera di questi uomini è costellata di omicidi eccellenti impuniti. Il traffico di armi, è risaputo, non ha remore di carattere etico né ideologico e nemmeno etnico. Tanto più quello illegale.

Criminali serbo-bosniaci sono stati mediatori dell’esportazione serba delle armi destina alla criminalità italiana. Armi serbe alla mafia italiana sono arrivate anche attraverso il Montenegro, paese che risulta essere il principale fornitore di armi alla criminalità pugliese ma anche nel traffico di migranti e sigarette di contrabbando.

Attività criminali evidenziate pure nelle periodiche relazioni semestrali della DIA, laddove si parla di “propensione per i reati contro il patrimonio, il traffico di stupefacenti e di armi, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione..”.

Inquietanti gli episodi di diversi anni fa tra cui il suicidio dell’italiano Roberto Pancani, direttore della Banca di Roma a Tirana e quello dell’agente del Sismi (attuale AISE) Mario Ferraro che stava indagando su un traffico di titoli falsi.

Ricordiamo, poi, il fallimento delle famigerate “Piramidi” che fece sparire all’estero una cifra colossale, pari alla metà del pil albanese con l’arresto, nel giugno 1995, di cittadini italiani e albanesi che cercavano di accreditare, dalla filiale romana di via Cola di Rienzo alla filiale di Tirana della Banca di Roma, decine di miliardi in certificati falsi.

Va anche ricordato che è nelle banche di Belgrado, di Cipro e Israele che, in passato, sono state riciclate grandi quantità di capitali per conto della mafia italiana e russa che erano operative nei Balcani e nell’Europa orientale.

Uno scenario, dunque, già inquietante e destinato ad aggravarsi nella prospettiva di un allargamento dell’Ue verso i Balcani occidentali dove transitano ingenti quantitativi di cocaina, come emerso anche nella indagine conclusa alcuni giorni fa dalla Guardia Civil spagnola, con il supporto di Europol e la collaborazione della DIA, con l’arresto di 40 persone tra Spagna, Croazia, Serbia, Germania e Turchia ed il sequestro di 8 tonnellate di cocaina.

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Direzione Investigativa Antimafia: pubblicata relazione I semestre 2023

L’Albania e i traffici di migranti e di droga, in mano alla mafia

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