Navi Ong e migranti, il macabro gioco della politica
Anche in questi ultimissimi giorni, tra polemiche politiche condite da sciagurate dichiarazioni – Salvini: “le navi Ong complici dei trafficanti di esseri umani” – e rimpalli di responsabilità nel trasferimento in porti sicuri di alcune decine di migranti soccorsi in mare, si continuano a tirare in ballo le istituzioni dell’UE e alcuni Stati membri che si sono voltati dall’altra parte quando si è tornati a parlare di redistribuzione dei migranti e di solidarietà.
Nel frattempo, nelle ultime 72 ore, si registrano ripetuti minisbarchi (cosiddetti sbarchi fantasma) in vari punti delle coste siciliane, sarde, calabre e pugliesi.
Terminata da pochi mesi (31 dicembre 2018) l’operazione Triton (iniziata il primo novembre 2014 è stata gestita da Frontex per il controllo delle frontiere esterne dell’UE) e ridimensionata quella europea di EunavFor Med, a guida italiana, mai entrata nella terza fase della sua missione (che era quella, sulla scorta di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU -mai emanate – o del consenso dello Stato costiero – mai dato da nessuno – di eliminazione di imbarcazioni sospettate di essere utilizzate per il traffico di esseri umani), l’attenzione ossessiva del Ministro dell’Interno si è rivolta verso le navi Ong.
Si tratta di quelle stesse navi alle quali, nel 2016, vennero attribuiti 457 interventi di salvataggio in mare sul totale nell’anno di 1.580, con 53.875 persone salvate. Una flottiglia che a quei tempi si componeva di ben 14 unità, supportate da un aereo, a fronte delle tre sole imbarcazioni del novembre 2015.
Dato che si rileva da una nota del marzo 2017 del Dipartimento delle Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere che rilanciava la “preoccupazione”, evidenziata già mesi prima dagli analisti di Frontex, nota che sottolineava come “l’incremento del flusso migratorio evidenziatosi significativamente a partire dal mese di ottobre 2016 è da attribuirsi anche alla massiccia presenza di assetti navali prospicienti la Libia (..) che usano sempre navigare in prossimità delle acque territoriali libiche, spingendosi finanche all’interno delle stesse tanto che la media del punto di primo intercetto delle imbarcazioni con i migranti a bordo è di 22miglia dalle citate coste..”. E concludeva, sin da allora, che le navi ong “costituiscono un inevitabile fattore di attrazione per i migranti e le organizzazioni criminali che ne gestiscono il traffico”.
Un mese dopo tale nota veniva aggiornata elencando, negli eventi di Search and Rescue in mare (SAR) il notevole contributo nei salvataggi delle Ong con ben 72 casi sul totale di 212 degli altri dispositivi navali ed il salvataggio di 8.176 migranti su 23.802 complessivi.
Era partita, allora, l’iniziativa del Ministro dell’Interno del tempo, Marco Minniti, per cercare di regolamentare gli interventi delle navi Ong, sottoponendo la sottoscrizione di una sorta di codice di autoregolamentazione nei soccorsi in mare al quale si sottrarranno gran parte delle varie Ong.
Sul piano squisitamente politico, si avviavano incontri con il Governo di Tripoli (quello riconosciuto internazionalmente) per arginare le partenze dei barconi carichi di migranti dalla Libia con la fornitura di altre motovedette. Si arrivava, persino ad un incontro, a Roma, presso il Ministero dell’Interno, stipulando un accordo (ben pagato) con i capi delle varie tribù libiche che, di fatto, gestiscono e indirizzano i flussi migratori provenienti dalla regione sub sahariana e ne ricavano anche consistenti profitti (un concorso, dunque, effettivo con i trafficanti di esseri umani).
I flussi diminuiscono in tempi rapidi mentre si sperimentano alcuni canali umanitari che vengono attivati in Libia grazie anche all’UNCHR e all’OIM.
La guerra in atto da alcuni mesi in Libia tra le varie milizie, le truppe dell’esercito del generale Haftar e quelle governative di Serraj, hanno accentuato la situazione, già molto grave, di instabilità politica e di incontrollabilità di gran parte del territorio.
La gente continua a fuggire da quelle zone insicure, povere e sfruttate e non ci saranno “decreti sicurezza” firmati Salvini né inasprimenti di sanzioni che riusciranno a bloccarli.
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