Le associazioni “culturali” nigeriane e la “mafia nera”
Quando, quindici ani fa, scrissi dei pericoli che si andavano delineando nel panorama criminale italiano per la presenza della “mafia nera” (la nigeriana) e di quella “gialla” (la cinese), qualcuno storse il naso ritenendo esagerate quelle valutazioni.
La realtà, come hanno invece dimostrato i tanti fatti delinquenziali degli anni seguenti, è che la criminalità nigeriana nel nostro Paese è andata sempre più diffondendosi e consolidandosi riuscendo ad associare alla gestione manageriale del traffico di stupefacenti e dello sfruttamento della prostituzione una dimensione strutturale a connotazione tipicamente mafiosa nella quale il potere di controllo sulla comunità di connazionali è favorito da vincoli tribali, da una radicata presenza sul territorio e dalle infiltrazioni nelle associazioni etniche.
Ed è proprio su queste associazioni, culturali, di mutuo soccorso o religiose, alcune delle quali anche clandestine, che occorrerebbe rivolgere un ulteriore sforzo investigativo.
Già in passato, in occasione di indagini di polizia, è stata evidenziata la presenza negli organi rappresentativi di tali associazioni di nigeriani pregiudicati per delitti collegati al narcotraffico, alla tratta di esseri umani, allo sfruttamento della prostituzione, al lavoro nero.
Gli organi rappresentativi, in genere, si distinguono per matrice etnica, suddivisi tra Edo-Bini e Yoruba.
In Italia, due sono i poli associativi di rappresentanza della etnia Edo-Bini, e cioè la ENAI (Edo National Association Italy), costituitasi a Perugia nel 2003 e la NUNAI (National Union of Nigerian Association in Italy). Alla prima associazione si sarebbero aggregate altre con sedi in alcune città italiane (vedi Nigeria Community Brescia, Heat Beat movement of Nigeria di Genova, Associazione nigeriana di Cagliari ecc..) mentre alla NUNAI farebbero riferimento altre associazioni nigeriane presenti sul territorio (per esempio, la Community Edo Bini di Torino, la Edo Bini Association di Verona, la Nigerian Association di Modena, l’Associazione dello Stato Edo in Italia di Padova, l’Associazione tra nigeriani a Venezia e dintorni, l’Edo Cultural Association ed altre con sedi a Bologna, Siena, Varese, Forlì-Cesena, Parma, Milano, Firenze, Padova, Cremona, Lecco, Reggio Calabria, Viterbo, Como.
Tra i due poli risultano legami operativi e strategici con una funzione di “supporto etnico culturale” ai connazionali richiesta da “alcuni soggetti criminali” presenti in “alcuni segmenti rappresentativi periferici”. In questo senso le informazioni di polizia.
Relativamente all’etnia Yoruba, in Italia, sarebbero attive la Egbe Omo Yoruba Veneto con sede a Padova e la Yoruba Association Campania della quale farebbero parte diverse persone dedite al narcotraffico.
Il variegato panorama si arricchisce di gruppi di altre etnie (la Igbo o Ibo), diversi presenti in Veneto, che aderiscono all’ICSN (Igbo Cultural & Support Network) e di gruppi cultisti, di etnia Bini o Igbo, che sono delle vere e proprie aggregazioni criminali (per esempio i Black Axe e gli Eiye) – concentrati prevalentemente nel nord Italia ma anche in Campania – e per la cui affiliazione sono previsti riti di iniziazione.
Più pericolosa la “confraternita solidaristica e caritatevole” della ROF (Refomed Ogboni Fraternity) di origine etnica Yoruba, presente in Campana, Umbria, Veneto, Piemonte, Lombardia e Sicilia.
Lo spaccio di stupefacenti continua ad essere la principale attività dei criminali nigeriani se si pensa che già in questi primi cinque mesi e mezzo del 2019 sono stati oltre 800 quelli arrestati dalle forze di polizia. Gli ultimi tre ad Arezzo, bloccati dai carabinieri il 7 giugno nei locali della cooperativa di accoglienza trasformata in una sorta di centrale dell’eroina aperta h24.
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