La TAC a tutte le mafie della Commissione parlamentare
Si può considerare una vera e propria TAC l’esame, prolungato, cui sono state sottoposte le varie mafie che affollano lo scenario criminale italiano. L’esito è stato riportato nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi, al termine della XVIII Legislatura. La relazione, approvata all’unanimità e presentata, come bozza, nei giorni scorsi alla stampa, è stata, poi, consegnata, il 27 febbraio scorso, al presidente della Repubblica Mattarella. Una relazione da centodieci con lode, che analizza attentamente quello che sono le “mafie oggi”. Non un racconto delle varie organizzazioni criminali, delle loro regole, degli “affari” gestiti, ma un’analisi approfondita delle loro attuali “condizioni di salute”. A cominciare dalla mafia siciliana. Per cosa nostra, intanto, si conferma la sua presenza in tutte le province siciliane e, pur continuando a privilegiare il settore delle estorsioni (il “pizzo”, a Palermo, si continua a pagare dovunque), quello, più recente, dell’accoglienza dei migranti, del gioco e delle scommesse clandestine, le sembra “..ritornato l’interesse verso il traffico degli stupefacenti”. Cosa nostra che, nell’agrigentino, “gode da tempo di pari dignità rispetto alle mafie delle vicine province di Palermo e Trapani”, si è andata rafforzando anche grazie al parziale e graduale riassorbimento nei suoi ranghi della “stidda”. Se, poi, a Trapani, la mafia, gestita ancora da Matteo Messina Denaro, latitante da oltre venti anni, resta “..un territorio caratterizzato da una massiccia presenza della massoneria” in un contesto delinquenziale “di particolare pericolosità e insidia”, a Enna il ricorso alle estorsioni è sempre quello prediletto. Della mafia di Gela è stata rilevata una fase espansionistica, non solo in altre piazze italiane ma anche all’estero (Nord Africa). Restano preoccupanti i quotidiani segnali di intimidazione fatti con incendi di veicoli e spari contro esercizi commerciali e/o ingressi di abitazioni private. Clima oppressivo anche per i frequenti episodi di violenza giovanile che hanno visto aumentare notevolmente i delitti denunciati di lesioni dolose.
La mafia messinese, un tempo ritenuta “innocua”, è andata assumendo, come hanno evidenziato le indagini di questi ultimi anni, una struttura gerarchica “tendenzialmente piramidale”, dialogante “a pari livello con le altre province”; tendenzialmente imprenditrice e meno interessata alle estorsioni e al traffico di stupefacenti. La stessa “vocazione” imprenditoriale che continua ad avere cosa nostra catanese che ha nelle famiglie Santapaola-Ercolano l’espressione mafiosa più evidente.
Quale sia, alla fine, la condizione generale della mafia siciliana ce lo ricorda la Commissione facendo alcune riflessioni che, si affretta a dire, non vogliono essere “allarmistiche” ma stimolatrici di approfondimenti (anche investigativi) su alcuni punti, per capire le trasformazioni in atto nell’organizzazione, che ha scelto, da anni, la cosiddetta “strategia della sommersione” e che ” è e sarà una cosa nostra diversa da quella che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni”. Sottolineata “l’impressionante “capacità di rigenerazione” della mafia siciliana che rimpiazza rapidamente i mafiosi arrestati, la relazione fa cenno a “ciò che di cosa nostra ancora non si conosce ” (e probabilmente non si conoscerà mai). E così i membri della Commissione chiedono “..che fine abbiano fatto quegli ingenti patrimoni che la vecchia mafia era riuscita ad accumulare e che non sono stati ancora del tutto individuati” e, ancora, se, relativamente alla stagione dei delitti politico-mafiosi “.. quei complici eccellenti ci siano ancora e con chi si confrontino..”. Domanda superflua, infine, chiedersi se “accanto alla manovalanza mafiosa (…) vi sia ancora (…) un grado superiore, un’élite mafiosa che gestisce questi uomini e gli sconosciuti patrimoni che hanno prodotto (…) consenso e, soprattutto, legami con il mondo delle professioni, della politica, della grande imprenditoria e, dunque, l’ingresso a pieno titolo nel sistema democratico”. “Come è sempre avvenuto” conclude la Commissione. Ed è questo punto che rende comunque avvilente la puntuale l’analisi compiuta.
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