Figli del diodenaro
Le recenti riflessioni di Roberto Saviano esposte anche nell’intervista a Fabio Fazio ci confermano ulteriormente che le mafie postmoderne non sono cellule cancerogene isolate in seno alla società ma piuttosto le metastasi diffuse prodotte dalla cultura della globalizzazione dei mercati.
I nuovi camorristi come i nuovi narcos, le nuove leve della ‘Ndrangheta così come quelle delle altre organizzazioni malavitose più recenti e meno tradizionali sparse nel mondo, sono composte di individui che cercano di ottenere quanti più soldi possibili nel più breve tempo possibile. Tutto e subito. Una pulsione che sollecita ossessivamente tutti da ogni poro della nostra vita quotidiana.
Perché bisogna spendere, comprare, usare, apparire… È questa l’unica via che la dittatura del mercato indica per salvare le nostre economie, per realizzarsi come persone, per contare, per essere rispettati.
Tutti chini ad adorare il diodenaro, scritto così, tutto attaccato. Tutto il resto, vite comprese, passano inesorabilmente in secondo piano. Ed è questo il dogma dottrinale cui si ispirano tanto le grandi imprese quanto le imprese criminali con differenze – credetemi – quasi nulle. Obbediscono entrambi alla legge della domanda e dell’offerta, tendono a “rimuovere” ogni ostacolo tra sé e il raggiungimento dei propri interessi, puntano esclusivamente al massimo profitto.
Per queste ragioni contrastare il liberismo selvaggio che ci governa è la strada maestra per sconfiggere anche le mafie. La sobrietà, l’austerità, la guida etica sono le uniche chiavi per aprire le porte di questa prigione dorata di cui ci ostiniamo a non prendere coscienza.
Papa Francesco ce lo ricorda continuamente.
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