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L’ecovillaggio solidale “Fiori di Campo” a Cinisi

il . Sicilia

All’inizio di questo anno scolastico, come studenti dell’Istituto Superiore Bonomi- Mazzolari di Mantova, accompagnati da due insegnanti,  unitamente ad alcuni giovani del servizio AltraLuna Sfa di Suzzara, accompagnati da due educatori, siamo riusciti a realizzare un viaggio significativo e formativo in Sicilia e precisamente a Marina di Cinisi (PA), in un bene confiscato alle mafie: l’EcoVillaggio “Fiori di Campo”, gestito dalla cooperativa sociale Onlus Libera–Mente.
“Fiori di Campo” fa parte della maxi confisca del 1993 all’imprenditore Vincenzo Piazza che riciclava il denaro sporco dei fratelli Graviano, reinvestendolo nell’edilizia pubblica e privata  non solo in Sicilia ma anche in altre regioni italiane. Il villaggio “Fiori di Campo”, in particolare, era la residenza estiva della famiglia Piazza.
Grazie a questa esperienza abbiamo toccato con mano l’impegno civile di diversi cittadini che hanno scelto di contrapporre alla cultura fondata sull’interesse privato,  sull’indifferenza, sulla prepotenza, sul privilegio e sul ricatto, la cultura fondata sulla legalità democratica, sulla giustizia sociale e sulla condivisione.  L’esperienza della settimana trascorsa presso l’Ecovillaggio “Fiori di Campo” ci ha resi protagonisti di alcuni momenti di attività diversificate: al mattino, attività di laboratorio o di sistemazione del bene all’interno dell’Ecovillaggio, preparazione dei pasti utilizzando prodotti biologici “a Km 0”, attività agricole e di ripristino e valorizzazione del territorio circostante; al pomeriggio, momenti formativi sul tema della cittadinanza responsabile e sul tema della mafia, sia presso il bene confiscato, con  la testimonianza di  alcune persone che hanno scelto di condividere con noi  “viandanti” ospiti di quel territorio la loro esperienza di cittadini responsabili impegnati quotidianamente, nel loro contesto di vita, per rendere il nostro Paese più civile, onesto e libero, sia con la visita guidata sui luoghi della memoria,  a Cinisi (paese d’origine di Peppino Impastato) e a Palermo, dove hanno perso la vita tantissimi servitori dello Stato e cittadini, semplicemente per non aver rinunciato a fare fino in fondo il loro dovere.  Durante questa settimana ci siamo confrontati con testimoni di giustizia e familiari di vittime innocenti della mafia (Michela Buscemi, la prima donna che testimoniò al maxi-processo istruito da Falcone e Borsellino nel 1985 e sorella di Salvatore e Rodolfo, vittime innocenti di mafia), Giovanni Impastato (fratello di Peppino Impastato, giovane di Cinisi impegnato nel suo territorio a combattere la mafia e le collusioni tra i mafiosi locali e l’Amministrazione comunale), i coniugi Vincenzo e Augusta Agostino (genitori dell’agente di Polizia Nino Agostino, che aveva sventato l’attentato al magistrato Giovanni Falcone  all’Addaura, nel giugno del 1989, e  assassinato il 5 agosto dello stesso anno, insieme alla moglie incinta Ida Castelluccio). Altri incontri significativi li abbiamo avuti con Giovanni Paparcuri (l’autista sopravvissuto  alla strage del giudice Rocco Chinnici, che i magistrati  Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vollero accanto, nel 1985, per informatizzare il maxiprocesso e oggi impegnato a tener viva la memoria di quei magistrati,  anche accompagnando i giovani nel bunker del Tribunale di Palermo dove si trovano gli uffici degli stessi magistrati Falcone e Borsellino) e con  alcuni giovani delle cooperative sociali, Libera-Mente e Placido Rizzotto-Libera Terra, che gestiscono alcuni beni immobili e terreni confiscati alla mafia. Molto interessante e stimolante anche il confronto con Santi Palazzolo, il pasticciere rappresentante degli imprenditori onesti siciliani, che nonostante la paura  non ha accettato di rinunciare alla propria libertà e di pagare il c.d. pizzo né alla mafia né a alti dirigenti pubblici.
E possiamo dire che siamo tornati a casa molto più arricchiti e maturi di quando siamo partiti una settimana prima, perché abbiamo toccato con mano come il concreto e spesso faticoso impegno  quotidiano di tante persone siciliane che hanno pagato e stanno pagando a caro prezzo la scelta di stare dalla parte dell’onestà, della giustizia sociale e della legalità democratica sia l’unica modalità che anche noi dobbiamo scegliere per sconfiggere non solo le mafie ma soprattutto  la “mafiosità” culturale e materiale presente anche nei nostri territori.
Noi ora ci sentiamo di condividere pienamente l’affermazione che il grande Presidente della Repubblica Italiana, Sandro Pertini fece nel tradizionale messaggio  di fine anno agli italiani il 31 dicembre 1983: “Il popolo siciliano è un popolo forte, generoso, intelligente. Il popolo siciliano è il figlio di almeno tre civiltà: la civiltà greca, la civiltà araba e la civiltà spagnola. È ricco di intelligenza questo popolo. Quindi non deve essere confuso con questa minoranza che è la mafia. È un bubbone che si è creato su un corpo sano”.
I ragazzi  e i docenti del viaggio in Sicilia.

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