A Ravenna il meeting dell’informazione libera
Tre giorni di musica, cultura, teatro e informazione libera. Anche quest’anno il “Gruppo dello Zuccherificio” ha portato in piazza a Ravenna percorsi di impegno e volontariato che durano un anno e coinvolgono tanti giovani e la cittadinanza. Dalla campagna di sensibilizzazione contro i rischi del gioco d’azzardo, passando per la responsabilizzazione delle amministrazioni locali contro mafie e corruzione, arrivando alla valorizzazione dell’informazione libera nel nostro Paese: c’è tutto dentro il meeting dell’informazione libera che ieri ha chiuso i battenti con la premiazione delle migliori inchieste, nazionali e under 30 che hanno partecipato alla selezione del 2014.
Il premio per il giornalismo d’inchiesta Tanti i temi trattati quest’anno dalle inchieste arrivate alla giuria del premio di Ravenna: si va dalle inchieste sull’Expo di Milano, alle condizioni di vita dei migranti nel nostro Paese, sino alle inchieste sul sistema economico-finanziario che controlla aziende e poltrone dei politici. Non mancano i lavori dedicati al fenomeno mafioso e alla lotta contro i clan nè quelli dedicati al tema centrale della tutela della salute e dell’ambiente. La giuria (composta da Loris Mazzetti, Giorgio Santelli, Carla Baroncelli, Gaetano Alessi, Salvo Ognibene e Norma Ferrara) ha assegnato il primo premio della sezione nazionale ai giornalisti Maurizio Torrealta e Emanuele Lentini per la loro inchiesta (pubblicata su Left) sulla misteriosa morte in carcere di Antonino Gioè, boss di Altofonte, che lascia tanti interrogativi cui l’inchiesta prova a dare risposta, tramite una accurata analisi di documenti, testimonianze e una ricostruzione del ruolo di Gioè nella stagione stragista di Cosa nostra. Il secondo posto della sezione nazionale invece è andato a Enrico Casale per la sua inchiesta pubblicata sulla rivista “Popoli” e intitolata “Regime fiscale”. Il lavoro entra nel cuore di un problema tollerato dalle autorità italiane e di cui poco o niente si conosce. Il governo eritreo, come documenta Casale, impone arbitrariamente agli emigrati nel nostro e in altri Paesi un tributo del 2% sui redditi. A chi non paga non vengono rinnovati i documenti, viene impedito di compiere atti giuridici in patria ed è proibito inviare aiuti alla famiglia. Una situazione che nasconde interessi poco chiari, tollerata dalle autorità dei diversi Paesi. Per la sezione Giovani, under 30, la giuria ha assegnato il primo posto all’inchiesta “Expo city life” di Ester Castano, sulle complesse vicende che circondano gli appalti per l’Expo a Milano, pubblicata sul portale Fanpage.it e il secondo posto alla giornalista Michela Mancini per la sua inchiesta pubblicata su Libera Informazione . “Dalle madri ai figli. Se la ‘ndrangheta perde i suoi soldati” curata dalla Mancini, rappresenta la prima inchiesta in Italia che analizza un tema centrale nella lotta alla ‘ndrangheta: il futuro dei giovani nati e cresciuti in famiglie di mafia. La giuria ha, inoltre, assegnato una menzione speciale all’inchiesta, multimediale, di Giuseppe Pipitone sulle condizioni di “soggiorno” dci migranti nel Cara di Mineo, centro richiedenti asilo in provincia di Catania. Il tradizionale premio honoris causa è andato ex aequo ai giornalisti Alessandro Marescotti e Amalia De Simone, giornalisti da anni impegnati ad “illluminare” battaglie ambientali in Puglia e in Campania, dal caso Ilva alla Terra dei fuochi.
Le foto della giornata sulla pagina dell’associazione “Gruppo dello Zuccherificio”
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