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Il Pontefice “migrante” in visita a Lampedusa

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Il pontefice Francesco “migrante” (il padre Mario salpò da Genova nel 1928) approda tra i “migranti” a Lampedusa. E’ il più bel segnale di attenzione, di testimonianza e di speranza per le migliaia di persone soccorse in mare e giunte in quella piccola isola negli ultimi anni. Il ricordo anche delle migliaia morte annegate o “respinte”, in mezzo al mare, verso quelle coste africane da cui erano salpate e dove le attendeva una vita ancora di sofferenze e, in molti casi, di morte. Lo “sbarco” del papa Francesco avverrà l’8 luglio p.v., in punta di piedi, senza troppe cerimonie (e autorità) e si svolgerà con semplici momenti di ricordo e di preghiera: l’incontro con il sindaco-donna che denunciò, alcuni mesi fa, che non c’era più posto al cimitero per seppellire i migranti; il gesto di una corona di fiori lanciata in mare; l’incontro con un gruppo di migranti “ospiti” del centro di accoglienza (ancora in fase di lenta ristrutturazione); la Messa al campo sportivo. Subito dopo, la ripartenza per Roma. Papa Francesco, nel suo ancor breve pontificato, non ha mancato di rivolgere momenti di attenzione agli immigrati.

Questa volta, con la sua presenza fisica nell’isola simbolo di salvezza per molta gente giunta dal mare, il Papa vuole testimoniare a tutto il mondo che le “politiche dei muri” e delle barriere, espressione di una misera visione del fenomeno migratorio, debbono lasciare il campo a politiche comuni, che colmino o attenuino definitivamente le enormi differenze di vita tra i paesi ricchi e i paesi poveri. Il Papa, a Lampedusa, ricorderà a tutti come il nostro paese possa diventare una grande Nazione con l’impegno, il sacrifico e la determinazione anche di molti migranti. Così come è accaduto per gli Stati Uniti d’America e per altri Stati del Sud-America, con la presenza di moltissimi italiani divenuti, poi,tra molte difficoltà, cittadini americani. Francesco sarà vicino a quella grossa fetta di umanità disperata e povera, nella affannosa ricerca di condizioni di vita “umane”. Niente “tappi” e “sbarramenti di navi”, dunque, ma accoglienza, pur tra mille difficoltà, perché, come ricordava nel lontano 1888, un altro straordinario prete (il beato Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza per molti anni) “..gli ostacoli artificiali non trattengono le correnti ma le fanno rigurgitare, aumentandone e rendendone più rovinoso l’impeto”. Da allora, il fenomeno delle immigrazioni è diventato ancor più drammatico, con decine di migliaia di persone che fuggono da guerre civili e tribali, persecuzioni, povertà, disastri ambientali, catastrofi sanitarie. Il Pontefice sarà per poche ore su questa piccola isola assieme a quella straordinaria e generosa comunità di oltre cinquemila isolani, per accogliere gli ultimi “sbarcati” ( oltre 4mila nella sola Lampedusa dall’inizio dell’anno), per alimentare la speranza di un futuro migliore, per scuotere le nostre coscienze e l’indifferenza di molti governi, ma anche per ricordare a “tutti” che la storia del nostro paese è storia di emigrazione. E lui stesso, figlio di migranti, ne rappresenta la testimonianza vivente.

 

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