Porto di Pescara: appalto pilotato?
“Turbativa d’asta per gravi violazioni alle normative disciplinanti gli appalti pubblici”. Pochissime parole in uno scarno comunicato della Guardia di Finanza piombato stamattina nelle redazioni abruzzesi. La cronaca giudiziaria irrompe nuovamente nella storia infinita del dragaggio del porto di Pescara. Ripercorrere in poche righe tutte le tappe di una vicenda che ormai conta anni alle spalle è impossibile. Dovremmo raccontare del dolore delle famiglie di decine di pescatori, trascinati sull’orlo della disperazione e che non sanno ancora quando potranno tornare al loro lavoro. Dovremmo raccontare della gestione di una questione delicatissima da parte di varie Istituzioni con modalità che hanno destato, nel tempo, perplessità e smarrimento. Una vicenda spessissimo stigmatizzata (tra gli altri) dal WWF e dai pescatori stessi, denunce e comunicati pubblici circostanziati, documentati e dettagliati che ben descrivono quanto è accaduto. Basti un solo dettaglio per l’intera vicenda: in tutta Europa i dragaggi sono sottoposti a VIA(Valutazione d’Impatto Ambientale), a Pescara si decise di saltarla, probabilmente perché la si considerava un’inutile rallentamento dei lavori. Era l’8 novembre 2011 quando un comunicato del WWF Abruzzo fece luce su quest’aspetto della vicenda. Per la VIA sarebbero state necessarie poche settimane, erano già passati 150 giorni(e senza VIA). Quest’articolo viene battuto oggi 27 marzo 2013, sono passati altri 505 giorni. E il porto di Pescara non ha ancora certezze sul proprio futuro, mentre un’intera categoria economica è sempre più in ginocchio.
Mesi e mesi di disperazione e sgomento continuano a scorrere, mentre i pescatori si sentono sempre più amareggiati, delusi e abbandonati dalle Istituzioni. Sentimenti che hanno portato anche a confronti aspri, duri e a momenti di tensione tra alcune Istituzioni e i cittadini. Chi sta scrivendo quest’articolo è stato testimone oculare della conferenza stampa di uno degli enti istituzionali coinvolti tesissima, segnata da un durissimo botta e risposta tra i rappresentanti dell’ente e il corrispondente di un quotidiano, e ad una delle giornaliste di punta della principale testata giornalistica abruzzese, “colpevole” soltanto di aver voluto porre domande lineari su questioni cruciali. E arriviamo ad oggi, al nuovo ciclone giudiziario che ha fatto la sua comparsa nell’infinita vicenda del dragaggio del porto di Pescara. Gli inquirenti hanno iscritto nel registro degli indagati 30 persone tra imprenditori, pubblici funzionari e politici(tra cui il Presidente della Provincia Guerino Testa, all’epoca commissario straordinario per il dragaggio) e posto agli arresti domiciliari Bellafronte Taraborelli, responsabile del procedimento per l’appalto del terzo lotto dei lavori, e Giuseppe Biscontin, gia’ funzionario del ministero delle Infrastrutture. Per gli inquirenti devono rispondere, a vario titolo, di corruzione, falso e truffa. Le indagini avrebbero portato alla luce l’esistenza di “un cartello di partecipazione all’appalto al fine di favorire la ditta Dragaggi s.r.l.” che, seppur non vincitrice della gara, di fatto, era subentrata alla ditta vincitrice. Sarebbero così state violate le regole della trasparenza e del buon andamento dei lavori concessi dalla pubblica amministrazione. Si legge nel dispositivo degli inquirenti che, grazie ad un’email intercorsa tra il suo amministratore unico e un “faccendiere”(parola utilizzata nell’ordinanza e che testualmente riproduciamo) veneto, prima della formalizzazione della procedura concorsuale la società era stata messa a conoscenza dei nomi di tutti i partecipanti e delle percentuali di ribasso che avrebbero praticato.
Non è questa la prima volta che la vicenda del (per ora mancato e agognato) dragaggio assume risvolti giudiziari: il 12 dicembre 2011 il procuratore antimafia de L’Aquila Alfredo Rossini aveva posto sotto sequestro la draga “Gino Cucco”. Alcune analisi dei fanghi del porto, i cui risultati apparivano notevolmente divergenti con quelli dell’ARTA(l’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente), avrebbero evidenziato forti concentrazioni di pesticidi e inquinanti, in misura superiore a quanto consentito dalla legge per la destinazione che i fanghi avrebbero avuto. Portando quindi a configurarsi il reato di “traffico illecito di rifiuti”. La querelle scatenatasi dopo il sequestro, con varie analisi effettuate, ripetute e confrontate si è trascinata per mesi, ingenerando nuove incertezze senza che si venisse a capo di quanto accaduto. Oggi gli inquirenti tornano sulla scena, puntando il dito ancora più a monte di quel mancato dragaggio (dopo i fatti appena raccontati fu approntato un nuovo appalto dei lavori) fino ad arrivare ai momenti precedenti l’assegnazione dei lavori. E intanto i mesi continuano a passare e, mentre ombre sulla gestione della pluriennale vicenda si stagliano sempre più alte, i pescatori e le loro famiglie attendono. Ridotti ormai sulla disperazione e sul lastrico.
Alessio Di Florio – Associazione antimafia Rita Atria
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