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La misteriosa morte di Attilio

di Norma Ferrara il . Sicilia

E’ tutto fermo. A  nove anni dalla morte del  medico Attilio Manca, giovane urologo originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) trovato senza vita nella sua casa di  Viterbo il 12 febbraio del 2004 ,  nessuna novità sul fronte giudiziario su questo “strano suicidio” che ha dietro l’ombra della mafia. Mentre l’inchiesta è ferma sull’ipotesi di un suicidio i  familiari e l’avvocato Fabio Repici, in questi anni di indagini, hanno trovato numerose tracce che portano dalla morte di Attilio alla latitanza di Bernardo Provenzano. Il giovane medico  potrebbe essere stato l’urologo che ha operato, a Marsiglia, il boss di Cosa nostra, in quegli anni sostenuto da una rete di fiancheggiatori e coperture che attraversano le vicende della cosiddetta “trattativa mafia – Stato”. E Gianluca Manca a Libera Informazione denuncia: “Sulla morte di mio fratello c’è un silenzio istituzionale”.

 Nove anni senza Attilio e una giustizia lenta: a che punto sono le indagini sulla morte di suo fratello?

Tanti anni dalla morte di Attilio  e nessuna novità sulle indagini che sono ferme sempre alla richiesta di archiviazione del caso, come suicidio, presentata dai magistrati di Viterbo, cui ci siamo opposti il 15 ottobre scorso. Adesso la decisione spetta al Gip. Attendiamo  da quattro mesi ma già in passato i tempi sono arrivati anche ad un anno.

Quali sono, in sintesi, gli elementi principali che portano i magistrati a chiedere di archiviare questo caso come suicidio?

L’elemento centrale che motiva questa richiesta di archiviazione è la mancanza di impronte sulle siringhe che sarebbero state utilizzate per iniettare la dose letale che avrebbe ucciso Attilio. I pm – sostengono – che il tipo di siringhe usato,  per intenderci quelle utilizzare per iniettare dosi di insulina, siano così piccole da non permettere la rilevazione di elementi utili all’identificazione di  impronte. Questo dato però non ha alcun fondamento poiché è dimostrato che è possibile trovarle persino su attrezzi piccoli come un bisturi. Poi, un altro elemento che lascia perplessi è che su una delle due siringhe non sono state trovate tracce di alcun tipo. La siringa, risulta, priva di qualsiasi impronta, anche minima. Questo ci fa pensare ad un uso di quella siringa con guanti in lattice  o ad una “ripulitura” successiva e questo solitamente non lo fa chi ha intenzione di uccidersi …

Quali sono gli elementi che invece avete sottoposto al Gip per opporvi alla richiesta di archiviazione?

Sono numerosi poiché in questo suicidio ci sono tantissime che dimostrano il contrario e cioè che si è trattato di un delitto. Dagli elementi di indagine relativi alle siringhe, come accennavo prima, sino ai lividi che Attilio presentava sul volto (e che secondo gli investigatori sarebbero state causate dall’urto con un telecomando che però sostava lontano dal viso del medico, ndr), per arrivare alle imprecisioni e ai numerosi vuoti dell’inchiesta, sin dalle prime. Questo al netto di tutti gli strani comportamenti che hanno caratterizzato la vita di Attilio durante gli ultimi giorni di vita e le numerose coincidenze con le vicende legate alla latitanza di Provenzano. Attilio, uno dei pochi in Italia a saper operare il tumore alla prostata in laparoscopia, si è recato in Francia nello stesso periodo in cui le indagini oggi collocano l’operazione del boss a Marsiglia. E durante la trasmissione di “Servizio Pubblico” abbiamo scoperto anche un altro importante dettaglio: il capo di Cosa nostra dopo l’operazione  fu latitante proprio a Viterbo per tre mesi, proprio la città in cui viveva ed è morto Attilio. 

(Clicca qui per leggere tutti vuoti dell’inchiesta nell’approfondimento di L. Mirone)

 Perché l’inchiesta non riesce a spiegare queste ed altre strane circostanze legate alla morte di Attilio?

Quello che  abbiamo capito sin ad oggi è che ci troviamo di fronte ad un caso direttamente correlato alla latitanza del boss Bernardo Provenzano. Se il boss di Cosa nostra in quel periodo si riuscì a muovere fra la Francia, l’Italia e la Sicilia  senza essere scoperto, come dimostrano le inchieste in corso, fu anche per alcune coperture istituzionali. La sensazione che abbiamo come familiari è che sul caso di Attilio sia calato un silenzio istituzionale, di Stato. Non sarebbe la prima volta nel nostro Paese. Altri delitti, penso a quello del poliziotto Agostino e della moglie, sono avvolti in un fitto mistero di Stato e non hanno dopo tani anni una verità ufficiale.

In questi anni oltre al dolore avete dovuto fare i conti con l’isolamento sul territorio in cui vivete, è ancora così?

No. Nonostante il dolore per questo nono anniversario, senza verità e giustizia, devo registrare che almeno il clima, intorno alla mia famiglia e in generale a Barcellona Pozzo di Gotto, è cambiato. Finalmente le persone, la società civile non hanno timore a dimostrare pubblicamente la propria vicinanza a noi e alla memoria di Attilio. Questo è dovuto soprattutto al nuovo atteggiamento che l’amministrazione comunale, guidata da Maria Teresa Collica, ha dimostrato rispetto alla precedente.  La sindaca di Barcellona  si è schierata in maniera chiara contro la mafia e le altre forme di illegalità questo ha permesso alla maggioranza dei cittadini di prendere coraggio e riuscire ad esporsi in pubblico. Sentiamo vicina la parte perbene della città, sappiamo adesso di non essere soli. Anche nel nostro paese.

E’ un periodo di “transizione” per la città, molti boss sono in carcere, ci sono stati i primi collaboratori di giustizia e tre omicidi negli ultimi mesi…

Si è una fase nuova ma al tempo stesso delicata. La presa di posizione chiara del sindaco favorisce una nuova partecipazione alla vita pubblica da parte dei cittadini ma gli arresti e il nuovo quadro investigativo ha messo in luce una “faida” che ha portato a tre omicidi negli ultimi mesi. Io credo che ci sia ancora molto da fare soprattutto per colpire contiguità e connivenze. Per esempio, da poco un procuratore generale di Messina, Franco Cassata, da anni al centro di polemiche è stato condannato per aver diffamato il professore suicida, Adolfo Parmaliana, eppure è rimasto al proprio posto. Questi sono segnali che non aiutano, vorremmo che si cominci a fare chiarezza su tutto quello che è stato in questi decenni il sistema locale di potere e complicità.

 

Lo speciale di Rainews sul caso Manca

Il video integrale dell’iniziativa per il IX anniversario della morte di Attilio Manca 

Per saperne di più sul caso di Attilio Manca vai su www.attiliomanca.it 

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