Almeno due “spettri” si aggirano sempre più spesso per l’Europa: si chiamano povertà e disoccupazione, soprattutto per i giovani. Nella Conferenza di politica dell’occupazione, che si è tenuta il 6 e il 7 settembre a Bruxelles, sono state stimate in 116 milioni le persone a rischio povertà nei Paesi dell’Unione Europea. E ci sono quasi 8 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni che non stanno studiando e che non hanno un impiego. I Paesi con le percentuali più alte di disoccupazione giovanile nell’area Euro sono Grecia, Spagna e Italia. Questi i dati che descrivono il presente. Le prospettive sono anche peggiori, a tal punto che nel discorso di apertura della Conferenza, il segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (OCSE) ha parlato dei giovani come “lost generation”. Di fronte a questo scenario molti si sono chiesti perché alla crescente povertà e disoccupazione tra i giovani la politica europea in generale sta rispondendo con sacrifici e tagli alle politiche economiche. Le conclusioni del Commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali e l’integrazione László Andor indicano una strada alternativa. In particolare ha segnalato che “c’è un bisogno urgente di individuare misure concrete e di metterle in atto” per risolvere il problema dell’occupazione e della conseguente crisi sociale. Andor, dopo aver riconosciuto che “la mancanza di domanda di lavoro è chiaramente un problema reale”, ha aggiunto che “l’adattamento alle esigenze del mercato del lavoro è importante, ma non ci porterà lontano, in assenza di misure volte a creare posti di lavoro”.
Di conseguenza ha fatto appello ai Governi affinché “la creazione di posti di lavoro sia considerata una priorità in sé stessa, perché il lavoro crea la crescita e non si può semplicemente aspettare che i posti di lavoro vengano creati dalla crescita e dalla domanda esterna”. Per Andor l’Europa “deve dare ai giovani la garanzia” che entro pochi mesi dalla fine del percorso scolastico siano tutti impegnati nella formazione, nel tirocinio o nel lavoro. Durante i lavori della Conferenza è stato riconosciuto con forza un diritto: “tutti dovrebbero avere un salario che permetta loro di vivere al di sopra della soglia di povertà”. Ed è emersa anche l’esigenza che vengano fissati dei salari minimi a livello europeo per i giovani, non solo per contribuire a garantire livelli retributivi dignitosi, ma anche per porre un argine allo sfruttamento della manodopera giovanile. Infine, è stato evidenziato che “rafforzare l’economia sociale e i programmi per l’occupazione delle comunità locali che rispondono alle esigenze economiche e sociali (in particolare nei settori verde e salute) è indispensabile per il futuro”.
La Conferenza si conclusa con questa indicazione: “un forte piano di occupazione dell’UE rappresenta un percorso verso la ripresa economica e una via d’uscita dalla crisi sociale di oggi. Non si tratta di adeguamenti delle norme e dei numeri calcolati da una scrivania in una torre d’avorio. Si tratta di attuare miglioramenti strutturali; si tratta di investimenti nelle risorse umane; si tratta di dialogo sociale. Abbiamo bisogno di lavorare insieme per costruire questo percorso. Persone provenienti da istituzioni europee, governi, sindacati, datori di lavoro, ONG e accademici, hanno bisogno di andare via da questa conferenza determinati a mettere in pratica, a ogni livello, le misure concrete che abbiamo concordato in questa sede”.